mercoledì 31 ottobre 2018

La casa del vecchio di Corico

La casa del vecchio di Corico” (olio su tela cm. 140 × 184 di Luigi Guerricchio - eseguita alla fine degli anni ’70 e in questi giorni in esposizione presso la Ferrara Art Gallery di Matera ) rappresenta una delle opere più significative della produzione artistica del maestro materano.



In questo dipinto, l'artista ha rappresentato una stanza tipica di quel tempo con gli elementi della vita contadina raccolti tutti in una sola grande stanza scavata nel sasso:  sedie, tavolo apparecchiato con pane materano, aglio, brocca di vino, il grande (e alto) letto con scarponi da lavoro e il falcione al lato, il cassone del grano con sopra un melone giallo (alla maniera di Ortega, illuminato con una luce che pende dal soffitto che fa ricordare alcune rappresentazioni simili di Picasso...facile pensare che Guerricchio abbia inserito questi due elementi - il melone giallo ed il lampadario - per omaggiare i due grandi artisti a lui tanto cari).

Inoltre su un muro la foto di suo nonno e al lato opposto, appesa ad un chiodo, una giacca, a simboleggiare che tutto il mondo della civiltà contadina si poggia su qualcosa di veramente solido.


Il titolo di questo opera fa riferimento a un apologo di Virgilio che narra di un uomo (un ex pirata, probabilmente, venuto dalla natia Cilicia dopo una sorta di amnistia concessa da Pompeo, al termine della campagna militare del 67 a. C. contro quei pirati) che a un certo punto della sua vita sanguinaria si ritira nei pressi di Taranto, in mezzo ai sassi e incomincia un nuovo percorso di vita, da contadino (..) 



Namque sub Oebaliae memini me turribus arcis,

qua niger umectat flaventia culta Galaesus,

Corycium vidisse senem, cui pauca relicti

iugera ruris erant, nec fertilis illa iuvencis

nec pecori opportuna seges nec commoda Baccho.

Hic rarum tamen in dumis holus albaque circum

lilia verbenasque premens vescumquepapaver

regum equabat opes animis seaque revertens

nocte domum dapibus mensas onerabat inemptis.

Primus vcererosamatque autumno carpere poma

et, cum tristis hiemps etiamnum frigore saxa

rumperet et glaciecusus frenaret aquarum,

ille comam mollis iam tondebat hyacinthi

aestatem increpitans seram Zephyrosque morantis.

Ergo apibus fetisidem atque examine multo

primus abundare et spumantia cogere pressis

mella favis; illi tiliae atque uberrima pinus,

quotque in flore novo pomis se fertilis arbos

induerat, totidem autumno matura tenebat.

Ille etiam seras in versum distulit ulmos

eduramque pirum et spinos iam pruna ferentis

iamque ministrantem platanum potantibus umbras.

Verum haec ipse  equidem spatiis  exclusus iniquis

praetereo atque aliis post me memoranda relinquo.