Dialoghi di Pistoia: Programma

Il programma del festival Dialoghi di Pistoia 2022

VENERDÌ 27 MAGGIO 2022

Apre il festival la conferenza inaugurale Narrare. Nelle maglie di una rete infinita del classicista Maurizio Bettini, scrittore e fondatore del Centro di studi sull’Antropologia del Mondo Antico dell’Università di Siena. Scendere nelle profondità del narrare è un’impresa affascinante, quasi quanto lo è la pratica stessa del raccontare. Dal mito alla favola e, ancora più indietro, dal mythos dei Greci alla fabula dei Romani: recuperando le molteplici forme del raccontare che si sono succedute nel corso del tempo, si costruisce una rete narrativa che conserva tutta la forza, le seduzioni e perfino gli inganni che il racconto ha tessuto intorno a sé.

Narrare vuol dire costruire memoria, dare forma all’identità, alleviare la sofferenza, come mostra il mito di Mnemosyne, dea della memoria e madre delle Muse. Cosa resta di tutto questo nell’età della scrittura? La storica della letteratura Lina Bolzoni spiega che la lettura diventa lo specchio in cui dare ospitalità all’Altro e, insieme, riconoscere e ricostruire se stessi. È anche così che la biblioteca diventa una forma di autobiografia, lo specchio cangiante di chi la crea.

Nella prima serata del festival risuonano, al teatro Manzoni, le note di Johann Sebastian Bach, in un concerto speciale per parole e musica con il maestro Mario Brunello, uno dei più apprezzati artisti della sua generazione, che eseguirà integralmente la Sonata n.1 e la Partita n.2 al violoncello piccolo, o “violincello”, rarissimo strumento in uso all’epoca di Bach, accordato come un violino. Con lui il musicologo Guido Barbieri che leggerà un saggio di Pasolini – nel centenario della sua nascita – sul compositore tedesco (in replica sabato 28 al teatro Pacini di Pescia).

Per la prima volta i Dialoghi escono da Pistoia e arrivano al teatro Pacini di Pescia, con l’attrice Anna Bonaiuto che interpreta La sovrana lettrice, uno dei racconti più divertenti dello scrittore inglese Alan Bennett, dedicato alla regina Elisabetta. Un testo che fa riflettere sul potere della narrazione e su come possa cambiare la nostra vita (in replica sabato 28 al teatro Manzoni di Pistoia).

Chiude la prima giornata il dialogo tra le giornaliste e scrittrici Caterina Soffici e Concita De Gregorio, esperte di informazione. Veniamo da anni di fake news, informazioni manipolate, disinformazione sui social media, notizie contrastanti. Covid, campagne elettorali, guerra, tutti questi eventi ci pongono un interrogativo urgente e importante: esiste la verità? E se esiste, come è possibile raccontarla? Ogni narrazione, soprattutto quella giornalistica, comporta molte responsabilità: una riflessione sul ruolo dell’informazione tra talk show, carta stampata e internet.



SABATO 28 MAGGIO 2022

Il latinista Ivano Dionigi indaga Il potere della parola. La parola può salvare o rovinare gli Stati, far scoppiare o far cessare le guerre. La parola è anche ambigua, perché essa è un phármakon, “rimedio” e “veleno”. Per questo i classici avevano teorizzato che la nostra vita, personale e collettiva, è tutta una “battaglia di parole”, una contesa tra buono e cattivo, giusto e ingiusto.

Dopo anni di cecità e silenzio, la grande narrazione dei nostri tempi è oggi quella sull’ambiente e la crisi climatica. Cosa possono suggerire gli antropologi al proposito? Ne discutono Adriano Favole e Andrea Staid, che esplorano la concezione dell’ambiente nella nostra e in altre società. L’ambiente non è un luogo da visitare: siamo noi insieme a tutti gli altri esseri che lo abitano. L’ambiente non è un ammalato da curare, ma un tessuto di relazioni capaci di curarci. Anche noi siamo ambiente.

Il semiologo e teorico della creatività Stefano Bartezzaghi spiega al pubblico la differenza fra narrazione e storytelling. Oggi sappiamo che non esiste società umana che sia stata priva di storie né comunicazione umana che non sia costruita su strutture narrative. Ma è “storia” la ricostruzione documentata del passato ed è “storia” la fandonia; narrare istruisce e incanta. E ancora: lo “storytelling”, che storia ci racconta? Perché una parola inglese al posto di “narrazione”?

Una serie di traumi – dalla crisi economica a quella ecologica, dalla rivoluzione digitale alla pandemia e infine alla guerra – sembrano sottoporre l’umanità e ciascuno di noi a una sfida molto difficile, svelando una condizione generale di incertezza e di vulnerabilità. Può la cultura – intesa come pensare, leggere, guardare, ascoltare, narrare – aiutarci a combattere la paura e la sfiducia? Risponde Marino Sinibaldi, autore radiofonico e televisivo e presidente del Centro per il libro e la lettura del Ministero della Cultura.

Il discorso pubblico è sotto l’attacco di autocrazie, populismi e superpotenze tecnologiche che vogliono negare la libertà di espressione, avverte Vittorio Meloni, uno dei maggiori esperti di comunicazione in Italia. Per questo oggi è cruciale riscoprire la forza del discorso come fattore chiave per plasmare la storia del mondo. Attraverso le parole di personaggi tra i quali Cicerone, Mandela, Robespierre, Mazzini e Angela Merkel, Meloni ripropone alcuni dei più appassionati discorsi per la democrazia e la libertà, per riflettere sulle radici della nostra civiltà politica e sulle conquiste civili.

Lo statunitense James Clifford, uno dei più autorevoli antropologi contemporanei, sarà a Pistoia per raccontare la svolta fondamentale che i suoi studi hanno dato alla narrazione antropologica e a quella di altre scienze. Negli anni Ottanta Clifford infatti mutò radicalmente il modo di narrare le culture “altre”, abbandonando la pretesa di oggettività. Non più l’Altro visto da Noi, ma Noi insieme agli Altri. Dove stiamo andando, tutti insieme e individualmente? In questi tempi confusi, secondo Clifford, proprio una sensibilità “decentrata” può aiutarci a proporre narrazioni storiche adeguate.

Lo sceneggiatore e scrittore Giordano Meacci approfondisce il legame tra sogni e cinema: i film hanno condizionato l’estetica moderna e continuano a rinnovare l’inconscio di Bellezza. Il più shakespeariano dei registi, Orson Welles, quando si è trovato a definire i film ha parlato di “nastri di sogni”.

Uno degli scrittori italiani più amati e letti al mondo, Roberto Saviano, parlerà della narrazione attraverso la storia della vita del magistrato Giovanni Falcone, ucciso nel 1992. All’epoca Saviano aveva 13 anni e ne rimase talmente impressionato da occuparsi, fin da giovanissimo, della figura del giudice e dei suoi processi. Il filo conduttore che guida Saviano nel racconto, tra la mole enorme di informazioni, è il solo possibile: quello del coraggio.



DOMENICA 29 MAGGIO 2022

Si legge nell’Odissea che gli dèi vollero la distruzione di Troia affinché fosse raccontata: la vita è limitata, ma il racconto e i suoi eroi sono eterni. Anche i pazienti dell’analista si lasciano spesso trasportare dal destino come tragici protagonisti, osserva lo psicoanalista Luigi Zoja. L’analisi, in un certo senso, è anche una forma di narrazione che guarisce proprio in quanto racconto.

L’evoluzione umana è una grande narrazione che spesso ci ha affascinato con le sue illusioni di progresso, linearità, necessità. L’errore più pericoloso, spiega il filosofo evoluzionista Telmo Pievani, è ricostruire il passato per giustificare il presente, come se fosse l’unico possibile. Oggi la narrazione è cambiata radicalmente: abbiamo imparato a raccontare il nostro passato in termini di diversità, contingenza, ramificazioni plurali, migrazioni. Perché la mente umana ha questa forte predisposizione per le narrazioni? E se il nostro tardivo e contingente successo evolutivo dipendesse in qualche modo anche dalla nostra attitudine a raccontare storie?

Da sempre, ogni volta che un leader si trova ad affrontare un’elezione, si fa affiancare da consiglieri che lo assistono nel creare strategie, posizionamenti e narrazioni. Il fine è sempre lo stesso: creare consenso. Ma come si realizzano queste strategie? Come si creano le narrazioni? Lo spiega al pubblico Giovanni Diamanti, docente di Storytelling politico.

La fotografa, reporter e documentarista di origine polacca Monika Bulaj, insignita di prestigiosi premi internazionali, al festival spiega cosa per lei è la narrazione fotografica: raccogliere le schegge di un grande specchio rotto, frammenti, cercando di restituire quell’immagine intera del mondo che magari da qualche parte c’è, o forse c’era e s’è perduta, come la lingua di Adamo.

La Storia: narrazioni e contro-narrazioni è il titolo della conferenza dello storico della mentalità Francesco Filippi. La Storia assume un ruolo importante, a volte manipolabile, in cui il passato diviene non uno strumento di indagine ma uno specchio del presente, in cui il fatto stesso in sé perde valore in favore del suo ricordo. Comprendere i meccanismi e le tecniche di trasmissione di questo passato è il primo passo per prendere in mano il proprio futuro.

L’antropologo Marco Aime dialoga con la scrittrice Elvira Mujčić, nata a Srebrenica ed emigrata a 12 anni in Italia a causa della guerra, sull’importanza di costruire una nuova narrazione, fondata sul confronto, che pensi in termini più ampi e nuovi l’idea di Noi. Volgere lo sguardo verso l’Altro, riconoscerlo, è il primo gesto che porta a una possibile narrazione della convivenza.

Le favole, i primi racconti dell’umanità, contengono tutto l’essenziale; ora, nell’epoca della realtà virtuale, sono state sostituite dai videogiochi. In quella esperienza anonima e meccanica, osservano la psicologa Silvia Vegetti Finzi e la psicoterapeuta infantile Manuela Trinci, non c’è reciprocità o scambio. Le storie aiutano i bambini a crescere non solo ascoltandole ma anche inventandole e, insieme, suscitano emozioni e ricordi dell’infanzia negli adulti che le narrano.

Chiude il festival l’attrice e autrice teatrale Lella Costa, con L’ironia è una dichiarazione di dignità. L’ironia è l’elemento cardine della sua narrazione e del suo mestiere, ma anche il suo punto di vista sulla vita, che permette di affrontare i problemi “con dignità”. I più grandi narratori di tutti i tempi l’hanno usata sapientemente: Shakespeare, Flaubert, Jane Austen e persino Manzoni

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