domenica 15 maggio 2011

ALBA di Arthur Rimbaud

Ho abbracciato l'alba d'estate.
Nulla si muoveva ancora nel fronte dei palazzi. L'acqua era morta. Gli spazi d'ombra non abbandonavano la strada del bosco. Ho camminato, ridestando gli aliti vivi e tiepidi, e le gemme guardarono, e le ali si levarono senza rumore.

La prima impresa fu, nel sentiero già ricolmo di freschi e lividi splendori, un fiore che mi disse il suo nome.

Risi alla  bionda cascata che si scarmiglò attraverso gli abeti: sulla cima argentata riconobbi la dea.

Allora sollevai uno ad uno i suoi veli. Nel viale, agitando le braccia. Nella pianura, dove l'ho denunciata al gallo. Nella grande città fuggiva fra i campanili e le cupole, e correndo come un mendicante sulle banchine di marmo, io la cacciavo.

In cima alla strada, presso un bosco di lauro, l'ho circondata coi suoi veli ammucchiati e ho sentito un poco il suo corpo immenso. L'alba e il bambino caddero in fondo al bosco.

Al risveglio era mezzgiorno.

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