Galleria l’Affiche inaugura il progetto di mostra-website di Mathia Pagani, un concept ideato e interamente realizzato dall’artista a metà tra sperimentazione digitale ed esposizione tradizionale, all’insegna di un possibile nuovo sistema di fruizione dell’arte.
Un sito web come mostra virtuale interattiva e opera d’arte stessa.
Error project è un innovativo web content hub, primo nel suo genere, che coinvolge il visitatore in un percorso alla ricerca dell’errore giocando sull’ambiguità fra errore informatico, artistico o concettuale
La partecipazione diretta dell’utente si esprime in esperienze attive e digitali che implicano l’interazione con le immagini e video, in un progressivo svelarsi delle opere (che si devono ‘cancellare’ per essere viste), fra giochi che richiamano gli albori dei video games e la loro essenzialità all’incontro via chat con l’artista, in un ritorno a un grado zero della relazione, che, sconfinata nella virtualità cibernetica, ha visto progressivamente sfaldarsi il suo vocabolario primario.
La mostra online, intesa come prima parte di una mostra che proseguirà negli spazi della galleria in tempi futuri, non utilizza la tecnologia solamente come mezzo per mostrare e veicolare l’opera, ma impone lo stesso linguaggio del web e gli errori nella sua interpolazione come oggetto di indagine artistica. La pratica di gamification, che propone elementi di game design in contesti non ludici, riporta l’esperienza artistica ad una dimensione di gioco, desacralizzandola.
All’origine delle opere c’è un lavoro pittorico per poi integrarsi e confondersi in frammenti fotografici di piazze vuote, dove un’interferenza minima operata nell’immagine, un disturbo, un’alterazione alle volte quasi invisibile, rivela un errore, che gioca per contrasto con l’inabituale mancanza di presenza umana in questi luoghi, trasfigurati e metafisici. Le foto sono perlopiù screenshot di video di webcam sparse per il mondo e raccolte dall’artista in modo casuale. Il video in time lapse 404 NOT FOUND ne è ulteriore traccia e mostra, in contemporanea, lo svolgersi delle vita in sedici luoghi del mondo nel corso delle 24 ore del 25 aprile 2020, giorno della Liberazione.
Un mondo che si dimostra all’altezza di un nuovo umanesimo, che passa dalla macchina per ritornare all’uomo, senza l’illusione di potere ricreare nel virtuale il reale, come le mostre 3D, talvolta inutilmente complicate e fredde, provano a fare, ma nel tentativo di conservare nel nuovo habitat digitale la dinamica primaria di cui si compone la relazione con l’arte, fatta di interazione, scoperta, inaspettato.