venerdì 10 maggio 2019

L’artista bambino in sei sezioni

"L’artista bambino - Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento" a cura di Nadia Marchioni, fino al 2 giugno 2019 presso la Fondazione Ragghianti (Complesso di San Micheletto, Lucca) si articola in sei sezioni a partire dall’interesse di fine Ottocento verso il fenomeno dell’arte infantile. 

Sezione I
 Adriano Cecioni e il mondo dell’infanzia 

«Vedere queste creature nel momento che gli vien concesso di fare il chiasso, è una cosa che ti stringe il cuore»
(Adriano Cecioni, lettera da Parigi a Telemaco Signorini, 1870)

L’intensa partecipazione emotiva con cui Cecioni osserva l’universo infantile si riversa nei suoi dipinti e nelle sue sculture: nel bronzo Primi passi sono concentrate l’incertezza e la determinazione del compiersi di un magico evento, che sorprende lo stesso protagonista.
Energia, stupore, libertà, semplicità e affrancamento dalle convenzioni sociali (e ancor più artistiche) sono le caratteristiche dell’infanzia, che creano uno speciale legame fra il mondo del bambino e l’artista.
Cecioni, nel severo linearismo dei profili dei Ragazzi che lavorano l’alabastro (I mosaicisti), blocca i suoi modelli in rigide pose, con una colta regressione a linguaggi formali quattrocenteschi e un occhio alla semplificazione formale e alla goffaggine fanciullesca, quest’ultima chiaramente esibita nell’incredibile dipinto Ragazzi travestiti da grandi, dove l’autore sembra voler denunciare una sorta di cortocircuito fra età adulta e universo infantile: i bambini che immaginano giocosamente la vita futura si riflettono negli occhi del pittore, che ritorna fanciullo e li ritrae con inedito linguaggio formale, dalle sprezzature tanto esibite da evocare quasi le ben più moderne maschere di James Ensor.


Sezione II
 Corrado Ricci e le prime incursioni del disegno infantile nell’arte fra Otto e Novecento 

Nel febbraio e nell’aprile del 1885 lo storico dell’arte Corrado Ricci espose al pubblico di Bologna e di Firenze una conferenza su L’arte dei bambini, che doveva trasformarsi, l’anno seguente, in un pionieristico saggio, di grande importanza per la storia degli studi psico-pedagocici e antropologici.
Il Ritratto di Yorick di Vittorio Matteo Corcos omaggia sorprendentemente, a pochi anni di distanza, la locandina della conferenza fiorentina dello studioso e le pagine illustrate del libro, imitando le ‘ingenuità’ infantili descritte da Ricci. Si tratta del primo caso di esplicita ricezione di questo fondamentale studio da parte degli artisti, che dalla fine dell’Ottocento si avvicinarono progressivamente al disegno infantile.
L’intensificarsi degli studi su questo argomento porta le espressioni grafiche dei bambini anche su riviste non specialistiche, come la celebre «Emporium», molto consultata dagli artisti, sulla quale compare, nel 1897, l’illustratissimo articolo di Paola Lombroso Il senso drammatico nel disegno dei bambini.
Pochi anni dopo Giacomo Balla, nel capolavoro Il fallimento, celebrerà il disegno infantile rendendolo protagonista dello straordinario taglio fotografico della sua tela, mostrando di aver intensamente studiato l’apparente immediatezza dei graffiti dei bambini nel disegno preparatorio conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.


Sezione III
 Disegno infantile e Medioevo. Il caso pionieristico di Alberto Magri e degli artisti tosco-apuani 

«Tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto con meraviglia, tutto come per la prima volta»
(Giovanni Pascoli, Il fanciullino, 1897)

La citazione pascoliana introduce la figura di Alberto Magri (Fauglia, 1880 - Barga, 1939), centrale per una riflessione sulla ricezione di stilemi infantili e ‘primitivi’ nell’arte del primo Novecento italiano.
È infatti intorno alle ricerche di questo artista sull’arte infantile, sull’illustrazione per l’infanzia e sulla grafica caricaturale (sperimentata da Magri nell’ambiente internazionale delle riviste parigine fra il 1902 e l’anno seguente) che si può individuare il nucleo originario di questa singolare forma di ‘primitivismo’.
In contatto con Spartaco Carlini, Lorenzo Viani e Adolfo Balduini, l’artista, ritiratosi nella pascoliana cittadina di Barga, fu confermato dalla voce del poeta nelle ricerche sulla sintesi formale di ispirazione infantile avviate intorno al 1905, sostanziandole con la riflessione sui maestri del Due e Trecento.
La centralità della sua schiva figura è confermata dalla ben più vigorosa voce di Viani, che lo celebrava come «maestro degli Apuani dell’uno e dell’altro versante».
Avvistata la condivisa linea di ricerca di questi artisti, Ragghianti parla di «una temperie culturale ch’essi instaurarono con decisa insularità che sa anche di cosciente contrapposizione, rispetto al mondo artistico di allora […]. Ormai è palese e pubblico che Carrà risale a Giotto ed altri a Paolo Uccello, ma si sottolinea la precedenza di Viani nel risalire al ‘romanico’, e quella di Magri nell’andare verso Duccio (comprensivamente, per indicare la pittura del Dugento). Senza essere né un cenacolo né un gruppo gli artisti citati sono e restano in circolo nel periodo anteriore al 1914, e gli scambi sono dichiarati», come indicano le opere di questa sezione.


Sezione IV
 Soffici e Carrà (1910-1916): fra arte infantile, medievale e popolare 

«Non so se voi siate come me – probabilmente, anzi di certo, no – ma io adoro quella pittura che le persone intelligenti dicono stupida. […] È la pittura degli uomini semplici, dei poveri di spirito, di coloro che non hanno mai visto i baffi di un professore. Imbianchini, muratori, ragazzi, verniciatori, pecorai mezzi pazzi, e vagabondi»
(Ardengo Soffici, 1910)

Agli scritti di Soffici e Carrà per un’arte sorgiva, infantile e popolare pubblicati fra il 1910 e il 1916 su «La Voce» e «Lacerba» fanno eco i dipinti dei due artisti, più legati a una prospettiva popolare, nel caso di Soffici, che inizia a produrre i suoi ‘trofeini’ ispirati ai pittori delle insegne degli empori di paese; e stimolati, invece, da un’arte infantile mutuata dall’esempio del Doganiere Rousseau e declinata in chiave ‘antigraziosa’ da Carrà e, in rare occasioni, da Morandi.
L’articolo di Soffici sul Doganiere Rousseau del settembre del 1910, che fece conoscere nel nostro Paese l’originalissima opera del pittore francese, conferma la centralità dell’artista e critico nell’aggiornamento della cultura figurativa italiana fra il primo e il secondo decennio del Novecento, insistendo particolarmente sulla prospettiva di una pittura antiaccademica «più ingenua, più candida, più virginale».
Negli scritti su «La Voce» e «Lacerba» Carrà afferma l’attualità dell’esempio degli antichi maestri già evocato da Soffici, che è omaggiato con una citazione dall’articolo su Rousseau nell’incipit del saggio Paolo Uccello costruttore.
La voce e l’esempio dei due pittori e critici furono potenti stimoli o conferme per gli artisti che intraprendevano in quegli anni un percorso di sintesi primitiva e originale, in consapevole polemica con la poetica futurista.


Sezione V
 L’immagine del bambino e la diffusione del primitivismo infantile in Italia negli anni della Grande Guerra 

«Mi hanno incaricato di fare un giornale umoristico-satirico per i soldati. Ho bisogno di disegni. Voglio farlo molto bene. Mandami subito qualcosa di semplice. Fra caricatura e disegno. Fai i disegni al tratto, anche col lapis. Fai cosa vuoi, grottesco – tedeschi, donne… cosa vuoi. In tutti i modi, conto su di te. Qualcosa. Ti bacio. Ard[engo]. È un’opera santa tenere allegro il soldato»
(Ardengo Soffici, lettera a Carlo Carrà, 25 marzo 1918)

Durante la Grande Guerra l’immagine del bambino fu tra le più sfruttate dalla propaganda su ogni sorta di materiale a stampa, dai quotidiani, alle cartoline, ai giornali di trincea; per una sorta di osmosi culturale, la pittura risentì di questa pacifica invasione, e nelle opere di alcuni artisti restò traccia di quelle fanciullesche figurazioni, come è evidente in rari lavori di Ottone Rosai, Alberto Magri, Tullio Garbari, Piero Bernardini e, nell’immediato dopoguerra, Gigiotti Zanini e Alberto Salietti.
In questa sezione, ai dipinti degli artisti sopra citati sono affiancati giornali, riviste e i relativi disegni originali, eseguiti da maestri dell’illustrazione e da artisti prestati alla propaganda bellica, fra cui, per esempio, Antonio Rubino, Mario Sironi e Ardengo Soffici, quest’ultimo impegnato in prima persona nella realizzazione del giornale di trincea «La Ghirba», per il quale chiedeva disegni agli amici Carlo Carrà e Giorgio de Chirico.


Sezione VI
 Persistenza del ‘primitivismo’ negli anni Venti e Trenta 

Alla fine della Prima guerra mondiale, la nascita della rivista «Valori Plastici» segna un importante cambiamento culturale in direzione di una nuova classicità metafisica. Dalle sue pagine, Carlo Carrà affermava nel 1921: «È finita da un pezzo l’epoca dell’arte bambina».
Nonostante questo monito, negli anni Venti si registrano nell’arte forme di resistenza in senso infantile e ‘primitivo’: lo stesso Carrà de La casa dell’amore mostra di reinterpretare in chiave volumetrica suggestioni che lo avevano accompagnato negli anni precedenti, da Giotto, al Doganiere Rousseau, alla semplificazione ‘antigraziosa’, filtrate dall’esperienza metafisica, che contiene la visione in un’atmosfera irreale.
La stessa inquietante atmosfera e un’analoga semplificazione volumetrica della forma si osservano nel Ritratto di Gustavo di Riccardo Francalancia, anch’egli presente sulle pagine di «Valori Plastici», mentre un miniaturismo di ascendenza infantile e caricaturale caratterizza il capolavoro di Fillide Levasti La fiera.
Nei primi anni Trenta, grazie anche all’impegno del critico Edoardo Persico, l’universo infantile suscita un rinnovato interesse: la seduzione per un’arte ingenua torna attuale grazie ad artisti come Renato Birolli, Cesare Breveglieri e Gianfilippo Usellini, presenti in questa sezione finale per indicare la sopravvivenza di un’istanza che, pur nelle diverse interpretazioni e realizzazioni, attraverserà tutto il Novecento, giungendo fino a oggi.


L’artista bambino
Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento

Fondazione Ragghianti, Complesso di San Micheletto, Lucca 
fino al 2 giugno 2019


www.fondazioneragghianti.it

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Altri di Incircolarte : 
http://www.leonardobasile.it/Amici-dell-Arte/Fondazione-Ragghianti.htm
https://concorsarte.blogspot.com/2019/05/lartista-bambino-infanzia-e.html