Perché, dopo oltre 70 anni dalla nascita dello Spazialismo, è importante pensare alla realizzazione di un "olio su tela" senza disporre della tela su cui dipingere?
Milano 1965 - Nel corso di una discussione con Giorgio Kaisserlian il problema emerse con tutta evidenza. Tutto partiva dalla tela, sentita come ostacolo, impedimento da superare per procedere verso l'infinito. E la realizzazione, la forma-tela, al di là della pittura e della scultura.
Era la dinamica stessa dell'innovazione, del proiettarsi oltre, che non ammetteva fraintendimenti: con le "Attese", ormai, si era giunti definitivamente al superamento della vecchia mentalità e del tradizionale modo di fare dell'artista - ad iniziare proprio dall'idea inveterata della tela come supporto piano su cui "fondare" e organizzare il proprio lavoro.
L'azzeramento della pittura. L'atto risolutorio che ormai non consentiva più alla pittura di proporsi ricorrendo alla tela, come se la stessa tela fosse stata requisita e confinata in un luogo inaccessibile agli artisti.
Da qui il necessario concetto-limite che interveniva a definire, a dar pienezza di senso alla risoluzione di Fontana. Era, ed è, la logica stessa dell'innovazione che, data l'impossibilità di disporre della tela, portava a concepire, come suo esito consequenziale, un evento paradossale: la realizzazione di un dipinto, e nello specifico, di un olio su tela senza disporre della tela su cui dipingere.
Marco Almaviva
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