giovedì 13 ottobre 2016

Bob Dylan è Nobel 2016

Il Nobel per la Letteratura 2016 è stato assegnato a Bob Dylan (Robert Allen Zimmerman) per aver "creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana". Lo ha reso noto quest'oggi il Comitato dei Nobel a Stoccolma.

Poco più di un anno fa Bob Dylan è stato premiato come persona dell’anno “per i suoi straordinari meriti creativi” dalla giuria dei Grammy Awards alla cerimonia di MusiCares, la charity organization che sostiene e assiste i musicisti in difficoltà. 

In quell'occasione l'artista fece un lungo intervento di ringraziamento : 

"Sono contento che le mie canzoni ricevano questi onori. Ma sapete, non sono arrivate fin qui da sole. È stata una lunga strada e ci è voluto tanto da fare. Queste mie canzoni, sono come i racconti del mistero, del genere che Shakespeare vedeva da ragazzo. Penso che si potrebbe cercare le tracce di quel che faccio tornando così lontano nel tempo. Erano ai margini allora, e penso che siano ai margini ora. Si direbbe che abbiano sempre trovato un terreno duro.

Dovrei ricordare un po’ di persone che ho incrociato lungo la strada che ha condotto a tutto questo. So che dovrei citare John Hammond, grande talent scout per la Columbia Records. Mi ha ingaggiato per quell’etichetta quando non ero nessuno. Ci volle un bel po’ di fede per farlo, e se la risero parecchio di lui, ma era il suo uomo. Fu coraggioso. E per questo, gli sono eternamente grato. L’ultima persona che scoprì prima di me era stata Aretha Franklin, e prima di lei Count Basie, Billie Holiday e un sacco di altri artisti. Tutti artisti non commerciali.

 Ciò che faceva tendenza, a John non interessava, e io ero molto non commerciale, ma lui mi rimase vicino. Credeva nel mio talento e questo è tutto quel che contava. Non potrò ringraziarlo abbastanza per questo.
Lou Levy gestisce Leeds Music, e furono loro che pubblicarono le mie prime canzoni, ma non ci rimasi troppo a lungo. Ma lo stesso Levy si era esposto parecchio. Mi ingaggiò per quella società e incise le mie canzoni, le cantai incidendole su un registratore. Mi disse senza tanti giri di parole che quello che facevo non aveva precedenti e che o anticipavo il mio tempo o lo seguivo. E che se gli avessi portato una canzone come “Stardust”, l’avrebbe rifiutata perché arrivava troppo tardi.

Mi disse che se anticipavo i tempi – e lui di certo non lo sapeva – ma se stava accadendo e se era vero, ci sarebbero voluti dai tre ai cinque anni perché il pubblico recuperasse il ritardo – e così bisognava essere preparati. E questo accadde. Il guaio era che, quando il pubblico mi raggiungeva, io ero già avanti di tre -cinque anni, e quindi era alquanto complicato. Ma m’incoraggiava, non era giudicante, e io lo ricorderò sempre per questo.

Artie Mogull, della Witmark Music, mi fece firmare in un posto vicino alla sua società, e mi disse di continuare a scrivere canzoni non importa cosa, che forse c’era qualcosa in quel che facevo. Be’, anche lui mi sostenne, e non vedeva l’ora di vedere quel che gli avrei portato di nuovo. Non mi pensavo neppure come un cantautore prima di allora. Gli sarò sempre grato anche per questo suo modo di fare.

Devo anche ricordare alcuni dei primi artisti che registrarono le mie canzoni nei primissimi tempi, senza che gli fosse chiesto. Sentivano semplicemente qualcosa in quelle canzoni che gli andava a genio. Devo dire grazie a Peter, Paul e Mary. Conobbi ognuno di loro separatamente prima ancora che diventassero un gruppo. Neppure mi pensavo come uno che scriveva canzoni perché le cantassero altri, ma cominciava a succedere e non sarebbe potuto accadere per o con un gruppo migliore.

Presero una mia canzone che era stata registrata prima e poi seppellita in uno dei miei dischi e la trasformarono in una canzone di successo. Non come l’avrei fatto io – loro la compattarono. Ma da allora centinaia di persone l’hanno incisa e non credo che sarebbe successo se non fosse stato per loro. Indubbiamente, fu qualcosa che per me iniziò grazie a loro.

The Byrds, The Turtles, Sonny & Cher – furono loro che presero alcune delle mie canzoni e le portarono nella Top 10, ma io non ero un autore pop e davvero non volevo esserlo, ma fu bene che andò così. Le loro versioni delle canzoni erano come spot pubblicitari, ma non è che me ne importasse in realtà, visto che cinquant’anni dopo le mie canzoni sono state utilizzate nella pubblicità. Dunque anche così andava bene. Sono stato contento che sia andata così, e sono stato contento che l’abbiano fatto.

Pervis Staples e gli Staple Singers – molto prima che fossero con [l’etichetta] Stax erano con Epic ed erano uno dei miei gruppi preferiti di tutti i tempi. Incontrai tutti loro nel ’62. Ascoltarono le mie canzoni dal vivo e Pervis ne voleva registrare tre o quattro e lo fece con gli Staple Singers. Erano il tipo di artisti che volevo registrassero le mie canzoni.

Nina Simone. I nostri percorsi s’incrociavano a New York City, al club Village Gate. Erano questi gli artisti a cui guardavo. Nina registrò alcune delle mie canzoni che [incomprensibile] per me. Era un’artista travolgente, come pianista, cantante. Una donna molto forte, molto schietta. Che lei incidesse le mie canzoni, era la convalida di tutto quello intorno a cui giuravo.

Oh, e non si può dimenticare Jimi Hendrix. Jimi Hendrix in realtà lo vidi esibirsi quando era ancora in una band chiamata Jimmy James and the Blue Flames – o qualcosa del genere. E Jimi non cantava neppure. Era solo il chitarrista. Prese alcune mie canzoni minori a cui nessuno prestava attenzione e le pompò fin nei confini lontani della stratosfera e li trasformò in classici. Devo ringraziare anche Jimi. Vorrei che fosse qui.

Johnny Cash incise alcune mie canzoni presto, troppo presto, intorno al ’63, quando era tutto pelle e ossa. Viaggiava tanto, viaggiava duro, era un mio eroe. Da ragazzo sentivo molte sue canzoni. Le sue le conoscevo meglio delle mie. “Big River“, “I Walk the Line“.

“How high’s the water, Mama?” scrivevo “It’s Alright Ma (I’m Only Bleeding)”e quella canzone mi riverberava dentro la testa. Tuttora chiedo: “Quanto è alta l’acqua, Ma?” Johnny aveva un carattere intenso. Vedeva che mi stavano mettendo fuori gioco suonando la musica elettrica, e inviava lettere alla stampa rimproverandoli, dicendo loro di stare zitti e di farlo cantare.

Nel mondo di Johnny Cash – il denso dramma del Sud – questo genere di cose non esisteva. Nessuno diceva a nessuno cosa cantare o cosa non cantare. Semplicemente non si faceva questo genere di cose. Non finirò di ringraziarlo per questo. Johnny Cash era un gigante di uomo, the man in black. Mi era particolarmente cara l’amicizia che avevamo fino al giorno in cui non ci sono più giorni.

Oh, e sarei negligente se non citassi Joan Baez La regina della musica folk, allora e ora. Prese in simpatia le mie canzoni e mi portava con sé a fare concerti, dove aveva folle di migliaia di persone affascinate dalla sua bellezza e dalla sua voce.

Le dicevano: “Che ci fai con quel piccolo vagabondo con le pezze?” E lei diceva a tutti senza mezzi termini, “Ora fai meglio a tacere e ascolta le canzoni.” Abbiamo anche suonato alcune canzoni insieme. Joan Baez è decisa e diretta. Love. Ed è uno spirito libero, indipendente. Nessuno può dirle cosa fare se non vuole farlo. Ho imparato un sacco di cose da lei. Una donna dall’onestà devastante. E per il suo tipo di amore e devozione, non potrò mai ripagarla.

Queste canzoni non sono venute fuori dal nulla. Non le ho inventate di sana pianta. Contrariamente a quello che diceva Lou Levy, c’era un precedente. Tutto è venuto fuori dalla musica tradizionale: musica folk tradizionale, rock ‘n’ roll e big-band tradizionale e musica tradizionale delle grandi orchestre dello swing.

Ho imparato i testi e ho imparato come scriverli ascoltando le canzoni folk. Le ho suonate e ho conosciuto altre persone che le suonavano fin dai tempi in cui nessuno lo faceva più. Non cantavano altro che queste canzoni folk, e mi spiegarono il codice di tutto ciò che è un gioco giusto nel quale tutto appartiene a tutti.

Per tre o quattro anni tutto quello che ascoltavo era folk. Andavo a dormire cantando canzoni folk. Le cantavo ovunque, club, feste, bar, caffetterie, prati, festival. E conoscevo altri cantanti lungo la strada che facevano la stessa cosa e imparavamo le canzoni l’uno dall’altro. Potevo imparare una canzone e cantarla in meno di un’ora se l’avevo sentita anche una sola volta.

Se aveste cantato “John Henry” tante volte quante l’ho cantata io “John Henry was a steel-driving man / Died with a hammer in his hand / John Henry said a man ain’t nothin’ but a man / Before I let that steam drill drive me down / I’ll die with that hammer in my hand.” Se aveste cantato pure voi quella canzone tutte le volte che l’ho cantata io, avreste scritto anche voi “How many roads must a man walk down?

Big Bill Broonzy aveva una canzone intitolata “Key to the Highway”. “I’ve got a key to the highway / I’m booked and I’m bound to go / Gonna leave here runnin’ because walking is most too slow.” L’ho cantata una sacco di volte. Se la canti tanto, potresti pure scrivere
Georgia Sam he had a bloody nose
Welfare Department they wouldn’t give him no clothes
He asked poor Howard where can I go
Howard said there’s only one place I know
Sam said tell me quick man I got to run
Howard just pointed with his gun
And said that way down on Highway 61

L’avreste scritta anche voi se avesse cantato tanto come ho fatto io “Key to the Highway”.
Ain’t no use sit ‘n cry / You’ll be an angel by and by / Sail away, ladies, sail away.” “I’m sailing away my own true love.” “Boots of Spanish Leather – Sheryl Crow proprio questo cantava.“Roll the cotton down, aw, yeah, roll the cotton down / Ten dollars a day is a white man’s pay / A dollar a day is the black man’s pay / Roll the cotton down. Se l’avessi cantata, quella canzone, tante volte quanto me, avresti scritto anche “I ain’t gonna work on Maggie’s farm no more”

Ho cantato un sacco di canzoni alla “Oh come all you”. Ce ne sono tantissime. Ce ne sono troppe per contarle tutte. “Come along boys and listen to my tale / Tell you of my trouble on the old Chisholm Trail” Oppure: “Come all ye good people, listen while I tell / the fate of Floyd Collins a lad we all know well / The fate of Floyd Collins, a lad we all know well”

“Come ye all fair and tender ladies / Take warning how you court your men / They’re like a star on a summer morning / They first appear and then they’re gone again.” “If you’ll gather ‘round, people / A story I will tell / ‘Bout Pret>”Come ty Boy Floyd, an outlaw / Oklahoma knew him well.”

Se cantaste tutto il tempo tutte queste canzoni alla “Oh come all ye” scrivereste “Come gather ‘round people where ever you roam, admit that the waters around you have grown / Accept that soon you’ll be drenched to the bone / If your time to you is worth saving / And you better start swimming or you’ll sink like a stone / The times they are a-changing.”

L’avreste scritte anche voi. Non vi è nulla di segreto. Lo fai in modo subliminale e inconscio, perché basta questo, ed è tutto questo che cantavo. Questo era tutto ciò che mi era caro. Erano gli unici tipi di canzoni che avessero senso.

“When you go down to Deep Ellum keep your money in your socks / Women in Deep Ellum put you on the rocks.” Canta per un po’ quella canzone e finiresti per arrivare a “When you’re lost in the rain in Juarez and it’s Easter time too / And your gravity fails and negativity don’t pull you through / Don’t put on any airs / When you’re down on Rue Morgue Avenue / They got some hungry women there / they really make a mess outta you.”

Tutte queste canzoni sono collegate. Non fatevi prendere in giro. Ho solo aperto una porta diversa in un modo diverso. È solo diverso, per dire la stessa cosa. Non pensavo che fosse qualcosa fuori del comune.
Be’, sapete, pensavo solo di fare qualcosa di naturale, ma fin dall’inizio, per qualche ragione, le mie canzoni dividevano. Dividevano le persone. Non ho mai capito perché. A certi facevano arrabbiare, ad altri piacevano. Non so perché le mie canzoni avessero detrattori e sostenitori. Era una situazione strana nella quale buttare le canzoni ma io l’ho fatto comunque.

L’ultima cosa a cui pensassi era a chi interessava che canzone stessi scrivendo. Le stavo semplicemente scrivendo. Non pensavo di fare qualcosa di diverso. Pensavo solo che stavo stendendo un verso. Forse un po’indisciplinatamente, ma stavo solo elaborando pensieri su situazioni. Forse difficili da mettere a fuoco, ma che importa? Un sacco di persone, è difficile definirle. Devi solo sopportarlo. Davvero non m’interessava quello che Lieber e Stoller pensassero delle mie canzoni.

A loro non piacevano, ma a Doc Pomus sì. Era giusto che a loro non piacessero, le mie canzoni, perché neanche a me sono mai piaciute le loro. “Yakety yak, don’t talk back.” “Charlie Brown is a clown,” “Baby I’m a hog for you”. Canzoni alla moda Non erano niente di serio. Ma le canzoni di Doc erano meglio: This Magic Moment. Lonely Avenue. Save the Last Dance for Me.
Quelle canzoni mi hanno spezzato il cuore. Ho sempre pensato che preferivo essere benedetto da Doc Pomus piuttosto che da loro.

Ahmet Ertegun non aveva una grande opinione delle mie canzoni, Sam Phillips sì. Ahmet aveva fondato la Atlantic Records. Produsse alcuni grandi dischi: Ray Charles, Ray Brown, solo per citarne alcuni.
Sì, c’erano alcuni grandi dischi lì, non c’è dubbio. Ma Sam Phillips, è stato lui a far incidere Elvis e Jerry Lee, Carl Perkins e Johnny Cash. Occhi radicali che scuotevano l’essenza stessa dell’umanità. Una rivoluzione per stile e portata. Nella forma tosta e nel colore. Radicali fino all’osso. Canzoni che ti tagliano fin nelle ossa. Renegades a tutti i livelli, che facevano canzoni che non sarebbero mai decadute, e che risuonano ancora oggi. Oh, sì, preferisco avere ogni giorno la benedizione di Sam Phillips.

Merle Haggard non aveva in grande considerazione le mie canzoni. A me non lo diceva ma so [incomprensibile]. Buck Owens invece sì, e registrò alcune delle mie prime canzoni. Merle Haggard – “Mama Tried,” “The Bottle Let Me Down,” “I’m a Lonesome Fugitive.” Non riesco a immaginare Waylon Jennings che canta “The Bottle Let Me Down.”
“Together Again”? Questo è Buck Owens, e che trionfi qualsiasi cosa venga da Bakersfield. Buck Owens e Merle Haggard? Se si deve avere la benedizione di qualcuno – si può immaginare di chi.

Già, i critici. Mi hanno dato filo da torcere fin dal primo giorno. I critici dicono che non so cantare. Che gracchio. Come una rana. Perché i critici non dicono la stessa cosa di Tom Waits? I critici dicono che la mia voce è spompata. Che non ho voce. Perché non dicono queste cose di Leonard Cohen? Perché riservano solo a me questo trattamento speciale? I critici dicono che non so tenere una nota e che mi trascino nelle canzoni. Davvero? Non ho mai sentito dire nulla del genere a proposito di Lou Reed. Perché lui riesce a farla franca?

Che cosa ho fatto mai per meritarmi questa attenzione speciale? Dicono che non ho un’estensione vocale, per esempio, ma quando è stata l’ultima volta che avete sentito Dr. John? Perché non lo dite a lui? Dicono che farfuglio le parole, che non ho dizione. Ma voi avete mai sentito Charley Patton o Robert Johnson, o Muddy Waters?. E parlate di parole biascicate e di cattiva dizione. [Incomprensibile] non importa.
“Perché proprio io, Signore?” Direi lo stesso per me.

I critici dicono che stritolo le mie melodie, rendo le mie canzoni irriconoscibili. Oh, davvero? Consentitemi di dirvi una cosa. Ero a un incontro di pugilato qualche anno fa, Floyd Mayweather contro un giovane portoricano. Qualcuno ha cantato l’inno nazionale portoricano, ed era bello. Veniva dal cuore ed era toccante.

Dopo di che arriva il momento del nostro inno nazionale, e una soul sister molto popolare è scelta per cantarlo. Canta ogni nota che esista e anche alcune che non esistono. Ecco cosa vuol dire fare scempio di una melodia. Prendi una parola di una sola sillaba e la fai durare per 15 minuti? Faceva ginnastica vocale come fosse su un trapezio. Per me, non è stato divertente.

Dov’erano i critici? Storpiare i testi? Massacrare una melodia? Una canzone preziosa? Sono io a prendermi la colpa. Ma non penso davvero di farlo, penso solo che siano i critici a dirlo.
Sam Cooke lo disse quando affermò che lui aveva una bella voce. E disse: “Be’, è molto gentile da parte vostra, ma le voci non dovrebbero essere valutate per quanto sono carine. Sono interessanti solo se ti convincono che stanno dicendo la verità”. Pensateci la prossima volta.

I tempi cambiano sempre. Cambiano davvero. E devi essere sempre pronto per qualcosa che sta arrivando e che non ti saresti mai aspettato. Una volta, tempo fa, ero a Nashville per fare alcuni dischi e leggo un articolo, un’intervista con Tom T. Hall. Tom T. Hall si lamentava di non so che tipo di nuova canzone, e diceva che non riusciva a capire cosa fossero questi nuovi tipi di canzoni che stavano arrivando.
Ebbene, Tom era uno dei cantautori più autorevoli del tempo a Nashville. In tanti registravano le sue canzoni, compreso lui stesso. Ma stava sollevando un polverone intorno a James Taylor, per una canzone che James aveva chiamato “Country Road.” Tom era fuori di sé nell’intervista – “Ma James non parla proprio di una strada di campagna Dice solo come ci si può sentire sulla strada di campagna. Non la capisco”.

Ora qualcuno potrebbe dire che Tom è un grande cantautore. Non intendo metterlo in dubbio. All’epoca in cui rilasciava questa intervista stavo in realtà ascoltando una sua canzone alla radio.
S’intitolava “I Love“. L’ascoltavo in uno studio di registrazione, e parlava di tutte le cose che gli piacciono, una sorta di canzone dell’uomo qualunque, che cerca di mettersi in relazione con le persone. Che cerca di farti pensare che lui è proprio come te e tu sei proprio come lui. Che a tutti noi piacciono le stesse cose, e siamo tutti sulla stessa barca. A Tom piacciono gli anatroccoli, i treni in lento movimento e la pioggia. Gli piacciono i vecchi pick-up e i ruscelletti di campagna. Gli piace dormire senza sognare. Un bicchiere di Bourbon. Una tazza di caffè. Pomodori e vino, e cipolle.

Ora ascoltate, io non denigrerò mai un altro cantautore. Non ho intenzione di farlo. Non sto dicendo che è una brutta canzone. Sto solo dicendo che potrebbe essere un po’ troppo cotta. Ma, sapete, è finita comunque nella Top 10. Tom e pochi altri autori avevano tutta la scena Nashville sigillata in una scatola. Se si voleva registrare una canzone e farla arrivare nella Top 10 si doveva andare da loro, e Tom era uno di quelli che erano in cima. Erano tutti molto a loro agio, a fare le loro cose.

Erano più o meno i tempi in cui Willie Nelson prendeva le sue cose e si trasferiva in Texas. Sì, più o meno lo stesso periodo. E lui è ancora in Texas. Tutto era come si deve. Tutto andava bene fino a quando – fino a quando – Kristofferson arriva in città. Oh, non si era visto nessuno come lui. Era venuto in città come un gatto selvatico, era arrivato in volo con il suo elicottero fin nel cortile di Johnny Cash, come il tipico cantautore. E colpì alla giugulare. “Sunday Morning Coming Down.”

Well, I woke up Sunday morning
With no way to hold my head that didn’t hurt.
And the beer I had for breakfast wasn’t bad
So I had one more for dessert
Then I fumbled through my closet
Found my cleanest dirty shirt
Then I washed my face and combed my hair
And stumbled down the stairs to meet the day.


Nashville va vista prima e dopo Kristofferson, pre-Kris e post-Kris, perché lui cambiò tutto. Quella canzone rovinò le partite a poker di Tom T. Hall. Avrebbe potuto mandarlo al manicomio. Dio non voglia che abbia sentito la mia canzone.
You walk into the room
With your pencil in your hand
You see somebody naked
You say, “Who is that man?”
You try so hard
But you don’t understand
Just what you’re gonna say
When you get home
You know something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?

Se “Sunday Morning Coming Down” aveva scosso la gabbia di Tom, l’aveva mandato ai pazzi, la mia canzone sicuramente gli avrebbe fatto saltare le cervella, proprio lì nel minivan. Per fortuna non la sentì.
Ho appena pubblicato un album di standard, tutte le canzoni di solito eseguite da Michael Buble, Harry Connick Jr., forse Brian Wilson ne fatte un paio, Linda Ronstadt. Ma le recensioni dei loro dischi sono diverse rispetto alle recensioni del mio disco.

Nelle recensioni su di loro nessuno dice niente. Nelle recensioni su di me, [incomprensibile] hanno voluto guardare sotto ogni pietra, quando si tratta di me. Hanno avuto modo di citare tutti i nomi degli autori. Be’, per me è OK. Dopo tutto, sono grandi autori e queste sono canzoni standard. Ho visto le recensioni in arrivo, e citeranno tutti gli autori dei pezzi in metà della recensione, come se tutti li conoscessero. Nessuno ne ha mai sentito parlare, non in questo periodo, in ogni caso. Buddy Kaye, Cy Coleman, Carolyn Leigh solo per citarne alcuni.

Sono contento che citino i loro nomi, e sapete una cosa? Sono contento che abbiano avuto i loro nomi sui giornali. C’è voluto un po’ di tempo, ma finalmente sono lì. Posso solo chiedermi perché ci sia voluto così tanto tempo. Il mio unico rammarico è che non siano qui per vederlo.

Il rock ‘n’ roll tradizionale, è di questo che parliamo. Tutta questione di ritmo. Johnny Cash lo diceva benissimo: “Get rhythm. Get rhythm when you get the blues.” Molte poche band di rock ‘n’ roll di oggi suonano con ritmo. Non sanno cosa sia. Il rock ‘n’ roll è una combinazione di blues, ed è una cosa strana fatta di due parti. Un sacco di gente non lo sa, ma il blues, che è una musica americana, non è quello che si pensa che sia. È una combinazione di violini arabi e valzer di Strauss, è da lì che vien fuori. Ed è vero.
L’altra metà del rock ‘n’ roll ha da essere hillbilly, campagnolo. E questo è un termine dispregiativo, anche se non dovrebbe esserlo. Questo è un termine che comprende Delmore Bros., Stanley Bros., Roscoe Holcomb, Clarence Ashley, insomma gruppi del genere. Furiosi distillatori di frodo. Auto veloci su strade sterrate. Questo è il tipo di combinazione che costituisce il rock ‘n’ roll, e non può essere cucinato in un laboratorio scientifico o in uno studio.

Bisogna avere il giusto tipo di ritmo per suonare questo tipo di musica. Se a mala pena suoni il blues, come fai a [incomprensibile] gli altri due tipi di musica che ci sono lì dentro? Si può fingere, ma non ce la puoi fare davvero farlo.

I critici si sono fatti una carriera accusandomi di aver fatto carriera confondendo le aspettative. Davvero? Già, questo è tutto quello che faccio. È così che la penso. Confondere le aspettative.
“Ehi tu, cosa fai per vivere,?”
«Oh, confondo le aspettative.”
Stai andando a cercare lavoro, e quello ti chiede: “Che cosa fai?” “Oh, confondo le aspettative. E quello gli fa:”Be’, quel posto è già preso. Telefonaci nuovamente. Anzi, no, ti chiameremo noi”. Confondere le aspettative. Che vuol dire? ‘Perché, proprio io, Signore? Li confonderei pure, ma non so come farlo.

I Blackwood Bros. Mi hanno parlato di un disco da fare insieme. Il che potrebbe confondere le aspettative, ma non dovrebbe. Naturalmente sarebbe un album di gospel. Non penso che sarebbe qualcosa di straordinario per me. Neanche un po’. Una delle canzoni che penso canterò è “Stand By Me” dei Blackwood Brothers. Non “Stand By Me“, la canzone pop. No. Il vero “Stand By Me“.
When the storm of life is raging / Stand by me / When the storm of life is raging / Stand by me / When the world is tossing me / Like a ship upon the sea / Thou who rulest wind and water / Stand by me
In the midst of tribulation / Stand by me / In the midst of tribulation / Stand by me / When the hosts of hell assail / And my strength begins to fail / Thou who never lost a battle / Stand by me
In the midst of faults and failures / Stand by me / In the midst of faults and failures / Stand by me / When I do the best I can / And my friends don’t understand / Thou who knowest all about me / Stand by me

Questa è la canzone. Mi piace di più della canzone pop. Se ne incido una con quel titolo, sarà quello. Sto anche pensando di registrare una canzone, non per questo album, però: “O Signore, per favore fai sì che non frainteso.” In ogni caso, perché proprio io, Signore. Che cosa ho fatto?

Comunque, sono orgoglioso di essere qui stasera per MusiCares. Sono onorato di avere tutti questi artisti che cantano le mie canzoni. Non c’è niente di simile. Grandi artisti. Sono tutti a cantare la verità, e lo potete sentire nelle loro voci.

Sono orgoglioso di essere qui stasera per MusiCares. Ho grande considerazione di questa organizzazione. Hanno aiutato molte persone. Molti musicisti che hanno dato molto alla nostra cultura. Vorrei ringraziarli personalmente per quello che hanno fatto per un mio amico, Billy Lee Riley[18]. Un mio amico, che hanno aiutato per sei anni in cui era giùo e non riusciva a lavorare. Billy era un figlio del rock ‘n’ roll, ovviamente.

Era veramente originale. Ha fatto di tutto: Ha suonato, cantato, scritto. Sarebbe stato una stella più grande, se non fosse apparso Jerry Lee. E sapete cosa succede quando arriva uno così. Semplicemente non tocchi più palla.
Così Billy è diventato quel che si dice nel settore – il termine di chi guarda dall’alto in basso, tra l’altro – come un one-hit wonder. Ma a volte, solo a volte, una volta ogni tanto, un one-hit wonder può avere un impatto più potente di una stella chi ha venti o trenta hit alle spalle. E la hit song di Billy si chiamava “Red Hot“, ed era davvero piccante. Ti poteva far esplodere il cranio e fartene sentire felice. Cambiare la vita.

Lo faceva con stile e grazia. Non lo troverete nella Rock and Roll Hall of Fame. Lui non c’è là. Metallica sì. Abba c’è. I Mamas and the Papas – so che sono lì. Jefferson Airplane, Alice Cooper, Steely Dan – non ho niente contro di loro. Soft rock, hard rock, pop psichedelico. Non ho niente contro nessuna di quella roba, ma dopo tutto, è chiamato il Rock and Roll Hall of Fame. E Billy Lee Riley non c’è. Non ancora.

Io lo vedevo un paio di volte l’anno e ci piaceva sempre passare del tempo insieme e lui era nel circuito nostalgico dei festival di rockabilly, e i nostri percorsi s’incrociavano di tanto in tanto. Avremmo passato il tempo sempre insieme. Era un mio eroe. Avevo sentito “Red Hot”. Dovevo avere solo 15 o 16 anni, quando l’ascoltai e mi impressionò e tuttora lo sento.

Non mi sono mai stancato di ascoltarla. E non mi stancavo mai di guardare Billy Lee eseguirla. Passavamo il tempo insieme solo parlando e suonando nella notte. Era un uomo profondo, sincero. Non aveva amarezza o nostalgie. Accettava quel che era. Sapeva da dove era venuto ed era contento di quello che era.
Un giorno poi si è ammalato. E come il mio amico John Mellencamp canterebbe – perché John cantò qualche verità oggi – un giorno ti ammali e non migliori. Questo dice una canzone dal titolo “Life is Short Even on Its Longest Days.” “La vita è breve anche sui suoi giorni più lunghi”. È una delle migliori canzoni degli ultimi anni, davvero. E non sta mentendo.

E io non mento quando vi dico che MusiCares ha pagati le parcelle mediche del mio amico, e l’ha aiutato a ottenere denaro da spendere. Sono stati almeno in grado di rendere la sua vita comoda, tollerabile fino alla fine. Questo è qualcosa che non può essere ripagato. A qualsiasi organizzazione che faccia questo va la mia benedizione.

Adesso è il momento di andarmene di qui. Metto un uovo nella scarpa e lo sbatto. Probabilmente ho lasciato fuori un sacco di gente e detto troppo su alcuni. Ma va bene così. Come lo spiritual, ‘I’m still just crossing over Jordan too Speriamo di rivederci. Prima o poi. E così sarà, se, come dice Hank Williams, “il buon Dio lo vorrà e il torrente non si gonfia.”"


Il testo di Bob Dylan è stato tradotto da Guido Moltedo e pubblicato su https://ytali.com/ con l'aggiunta di alcune note che lo hanno reso più completo.



Nessun commento: