mercoledì 15 gennaio 2025

Cosa fanno le ombre quando non sono gettate?

Alveare Culturale (Fabbrica del Vapore) ospita dal 17 gennaio al 7 febbraio 2025 la mostra personale di Claudia De Luca dal titolo: Cosa Fanno le Ombre Quando non Sono Gettate?  La mostra con la curatela e l'allestimento di Pietro Cusi inaugura giovedì 16 gennaio dalle ore 18.30. 

Cosa fanno le ombre quando non sono gettate?


Questa domanda, provocatoria e affascinante, è il perno attorno al quale ruota l'intera ricerca artistica di Claudia De Luca in questa mostra. Si tratta di un interrogativo che risuona come un invito a esplorare l’invisibile, a interrogarci su ciò che ci sfugge, su ciò che non vediamo, ma che forse percepiamo. Le ombre, infatti, non sono semplici vuoti o spazi oscuri, ma luoghi in cui si nascondono potenzialità, possibilità non realizzate, attimi che sfuggono alla nostra comprensione immediata. Le opere di Claudia De Luca si propongono come una sorta di mappa per esplorare questi spazi liminali, quei momenti che sfuggono al nostro sguardo consueto, quell’intervallo tra il visibile e l’invisibile, dove la realtà e il sogno si fondono e si sovrappongono.

In questo contesto, l’artista non si limita a ritrarre ciò che è già stato, ma si concentra sul prima, sul potenziale che precede l’atto compiuto. Così come Damien Hirst ha cercato di fissare l’istante irripetibile della morte, simbolizzato dal suo celebre Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, lo squalo in formaldeide, Claudia De Luca vuole cristallizzare quel momento che sfugge alla nostra percezione: il non ancora, il possibile che non si è ancora concretizzato. Non è più l’atto compiuto a essere al centro, ma ciò che lo precede, l’attimo in cui il futuro è ancora aperto, privo di forma, ma già carico di significato.

Nel suo lavoro, le ombre diventano protagoniste, si distorcono, si allungano, danzano, si fanno segni di una realtà che ci è ignota. Le sue opere sembrano volerci svelare qualcosa che, pur essendo nella nostra portata, ci sfugge ogni volta che tentiamo di comprenderlo appieno. E in questo "sfuggire" risiede la loro forza. Le ombre non sono semplici assenze, ma spazi di potenziale che ci invitano a riflettere su ciò che resta nascosto, su ciò che non è visibile a occhio nudo, ma che esiste comunque, come una parte silenziosa del nostro mondo.

Ma, in fondo, non è proprio questo ciò di cui abbiamo bisogno in un’epoca come la nostra, in cui il flusso continuo di informazioni e immagini ci sovrasta senza sosta? In un mondo sempre più veloce, in cui tutto è immediatamente accessibile e fruibile, la vera sfida sta nell’imparare a porre domande. Domande che non hanno risposte facili, domande che non possono essere risolte dalla pura accumulazione di dati. È questa l'invito che Claudia De Luca ci rivolge: fermarsi, interrogarsi, riflettere sull'incertezza, sull’impossibilità di conoscere tutto. La sua arte, più che un affermare certezze, è un invito a vivere nell'interrogativo, nell'apertura, nell'incognita.

La tecnica pittorica di Claudia De Luca si inserisce in una tradizione che affonda le radici nel movimento informale degli anni Cinquanta, ma al contempo si distacca da essa, proponendo una visione del tutto personale e contemporanea. Se gli artisti dell'informale cercavano di esprimere l'indicibile attraverso gesti liberatori e segni primordiali, Claudia De Luca compie un passo ulteriore, portando la riflessione sulla materia e sul gesto pittorico verso una dimensione più intima, più sospesa, meno definita. La sua pittura non è mai statica: le sue composizioni sembrano vivere di vita propria, come se ogni tratto, ogni macchia, ogni segno pittorico stesse cercando di liberarsi da un confine troppo stretto, di oltrepassare i limiti imposti dalla superficie.

Le sue opere sono come frammenti di una realtà che non si è ancora compiuta, come attimi sospesi in cui le cose sono ancora in bilico, non ancora prese in una definizione definitiva. In un certo senso, il suo lavoro evoca una realtà che si sta ancora scrivendo, che sta per accadere, ma non ha ancora avuto luogo. È come se ogni quadro fosse un portale verso ciò che deve ancora manifestarsi. In questo senso, il buio non è mai solo oscurità: è il luogo in cui tutto si origina, in cui ogni possibilità è ancora aperta. La luce, quindi, non è l'antagonista dell'ombra, ma la sua compagna, la sua partner in un gioco di reciproca definizione. Nessuna delle due potrebbe esistere senza l’altra, e ogni opera si pone come un tentativo di portare luce in quell’oscurità, non per eliminarla, ma per esplorarla, per comprenderla. Ogni quadro di Claudia De Luca è come un faro nel buio, un piccolo spiraglio che ci invita a entrare nell’ombra, a camminare al suo interno e a farci domande. Cosa succederebbe se guardassimo il mondo senza aspettarci risposte facili? Se, invece, accogliessimo l’incertezza come una parte integrante della nostra esistenza?

In questo senso, il tema del sogno è centrale nella riflessione dell’artista. Le ombre di Claudia De Luca non sono solo il riflesso della realtà, ma sono anche il riflesso del nostro mondo interiore, del nostro subconscio. Come nel celebre Incubodi Johann Heinrich Füssli, l’oscurità non è solo una condizione fisica, ma anche una condizione psichica, un luogo in cui i nostri desideri, paure e speranze prendono forma in modo indistinto, come fantasmi che non sono mai del tutto definibili. Ma, al contrario del lavoro di Füssli, che ci invita ad esplorare l’inquietudine e il mistero del mondo onirico, Claudia De Luca sembra porci in una posizione diversa: le sue ombre ci osservano, ma non per terrorizzarci, bensì per orientarci verso un tipo di consapevolezza che nasce dalla riflessione.

Le sue opere ci chiedono di guardare oltre, di scorgere ciò che è sospeso, ciò che sta per accadere. Ecco il momento cruciale: mentre il sogno è sempre ambiguo, misterioso e sfuggente, l'arte di De Luca ci invita a interrogarci su ciò che precede ogni azione, ogni evento, ogni cambiamento. Non si tratta di cogliere l'istante presente, ma di essere consapevoli di ciò che lo ha preceduto, di ciò che sta per succedere, di ciò che è in procinto di manifestarsi. Non possiamo fermare il tempo, ma possiamo imparare a guardare il flusso degli eventi con occhi nuovi, più attenti, più consapevoli.

La sospensione dell'incredulità, come descritta da Samuel Taylor Coleridge, diventa qui il fondamento per accedere all’opera di Claudia De Luca. Così come il lettore di una poesia o il fruitore di un'opera d'arte deve sospendere il proprio giudizio razionale per entrare nel mondo immaginario che gli viene proposto, anche noi siamo invitati a fare lo stesso con l'arte dell'artista. Non si tratta di credere acriticamente, ma di mettersi in ascolto, di aprirsi all’esperienza senza aspettarsi risposte preconfezionate. Solo così potremo cogliere il senso profondo delle sue opere, quel senso che non può essere semplicemente spiegato, ma che emerge solo nel momento in cui ci immergiamo nel gioco ambiguo di luce e ombra, di visibile e invisibile, che Claudia De Luca ci propone. È in questa sospensione, in questo spazio di incertezza, che la sua arte diventa davvero potente.

L’uso della tarlatana come supporto pittorico e come elemento di installazione site-specific è emblematico di questa ricerca. La tarlatana è una stoffa trasparente, leggera, che ci consente di "guardare attraverso", ma al contempo ci impedisce di vedere chiaramente. In questo senso, l’artista ci invita a "intra-vedere", a fare un passo oltre il confine del visibile, ad entrare in contatto con ciò che è nascosto, con ciò che rimane fuori dal nostro sguardo quotidiano. La tarlatana diventa quindi una metafora del nostro rapporto con la realtà: possiamo vedere solo una piccola parte di essa, finché non decidiamo di guardare più a fondo, di spingerci oltre la superficie, di entrare nel cuore stesso dell’ombra. In questo percorso, siamo chiamati a fare un atto di fede nell'arte, ad abbandonarci alla sua capacità di illuminare ciò che è oscuro e di aiutarci a comprendere ciò che è invisibile. È questo il passo necessario per decifrare la realtà complessa in cui viviamo, per affrontare il "non sapere" che, paradossalmente, è una delle caratteristiche più autentiche della nostra condizione umana.

Viviamo in un mondo in cui l’informazione è onnipresente e continua, un mondo in cui ci viene detto cosa pensare, cosa sapere, cosa desiderare. Eppure, in questa esposizione di Claudia De Luca, ci viene offerta una possibilità rara: quella di entrare in contatto con l’incertezza, con il dubbio. La tarlatana, come simbolo di una realtà che ci sfugge e ci interroga, diventa un invito a mettere in discussione tutto ciò che crediamo di sapere. Qui, non ci sono risposte facili, non ci sono certezze rassicuranti. C’è solo la possibilità di aprirsi al mistero, di "voler avere dei dubbi un po’ più chiari", come direbbe Marco Paolini. E, in questo desiderio di chiarire i dubbi, forse troveremo la nostra vera risposta.


CLAUDIA DE LUCA

Pescarese di origine, si laurea in Storia Contemporanea presso l’Università di Lettere e Filosofia di Bologna e in Comunicazione e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. È docente di filosofia e storia presso il Liceo Ginnasio Luigi Galvani di Bologna. Dal 2013 porta avanti una ricerca artistica e filosofica che vede nei concetti di confine e soglia gli elementi portanti della sua poetica. Poiché il procedere dell’uomo ha sempre un andamento metamorfico, il suo gesto pittorico indaga gli interstizi rizomatici di quel procedere nei quali visibile ed invisibile, verità ed illusione, realtà e dimensione onirica si fondono e si confondono. Ciò che emerge sono frammenti di un’anatomia interiore che diventa ora paesaggio, ora ricordo, ora inquieta grazia. Ha esposto in mostre personali e collettive tra le quali: 

Rizomazioni per la Mostra Be Creative, be green nell’ambito di ArteFiera 2012, Bologna; mostra collettiva Boom presso la Galleria d'arte Cael di Milano; mostra collettiva Amars III presso l’Hub Art di Milano; mostra collettiva Earth a cura di Paratissima presso l’ARTiglieria di Torino; mostra collettiva Looking Within a cura di A.topos, presso il Palazzo Donà Brusa di Venezia; progetto artistico Rites, Retours, Routes in collaborazione con la RAI per il sociale e l’Istituto Inail presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma; mostra collettiva We Art Open a cura della Notitlegallery di Venezia; rivista d’artista Zorba il greco a cura della MyMonkey Edizioni e relativa mostra personale presso l’antica tipografia Anonima Impressori di Bologna; mostra personale Le camere dello scirocco presso la Basilica di San Celso di Milano; mostra personale La verità delle rose tardive presso la Galleria ArteSpazioTempo di Venezia.; mostra personale Leviagravia presso la Cripta di San Zama a Bologna nell’ambito di Artefiera per Artcity 2023; mostra personale Il giorno dopo la Rivoluzione  presso il Polo del 900 di Torino;  mostra collettiva Panni stesi presso la Sala dei Mercanti- Madonna dell’Orto di Venezia; mostra personale Esuvie, a voce molto bassa presso il Palazzo D’Adda di Varallo, nell’ambito del Borderline-Artefestival 2023; mostra collettiva Ecsidi le infinite mute dell’animo nell’ambito di Paratissima Nice&Fair presso le Scuderie della Cavallerizza di Torino; mostra personale L’ultima parola presso la galleria ArteSpazioTempo di Venezia; installazione artistica site specific Quanto resta della notte in collaborazione con la fotografa Eleonora Conti nell’ambito di Artefiera per Artcity 2024 presso il Teatro DamsLab di Bologna; mostra collettiva Partage presso la Fondazione Amleto Bertoni di Saluzzo; mostra collettiva Convergenze presso la Galleria Idea4mi in via Lanzone 23, Milano; mostra collettiva La pertinenza del blue presso la Galleria Duci Contemporanea di Camini (RC). 

Crediti fotografici Eleonora Conti



INFORMAZIONI

Cosa Fanno le Ombre Quando non Sono Gettate?

Mostra Personale di Claudia De Luca


Apertura: 16 Gennaio 2025

Orario: Mercoledì - Venerdì 10:00-18:00 // Sabato e Domenica 14:00-19:00

Fino a: 07 Febbraio 2025

Dove: Alveare Culturale, Via Giulio Cesare Procaccini 4 (Fabbrica del Vapore), 20154, Milano


UFFICIO STAMPA E COMUNICAZIONE

press@lauracometa.com

+39 327 1778443

www.lauracometa.com

giovedì 12 dicembre 2024

Informally Speaking. Una grammatica universale

La Galleria Open Art di Prato presenta, dal 14 dicembre 2024 al 1 marzo 2025, Informally Speaking. Una grammatica universale, esposizione che presenta uno spaccato delle esperienze informali italiane ed internazionali, attraverso un arco temporale che abbraccia oltre mezzo secolo di storia, dagli anni Cinquanta del Novecento fino ai primi decenni del nuovo millennio.


La mostra, che sarà inaugurata sabato 14 dicembre alle ore 17.30, è accompagnata da una monografia (Edizioni Masso delle Fate, 2024) curata da Mauro Stefanini con un testo critico di Maria Letizia Paiato.

Senza pretendere di coprire tutta la complessità del movimento, Informally Speaking si concentra su opere e personalità che riflettono le inquietudini dell'epoca, mettendo in evidenza anche la dimensione globale di una produzione che unisce esperienze culturali variegate.

Il percorso espositivo si sviluppa negli spazi della galleria con opere di Renata Boero, Alberto Burri, Rafael Canogar, Jean Dubuffet, Walter Fusi, Osvaldo Licini, Paolo Scheggi, Toti Scialoja, Norman Bluhm, James Brooks, Sam Francis, John Hultberg, Paul Jenkins, Conrad Marca-Relli, John Ferren, John Grillo, Roberto Matta, Fernando de Szyszlo, Ben Nicholson, Edouard Pignon, Gerard Ernest Schneider, Leopold Survage, Silvano Bozzolini, Eugenio Carmi, Achille Perilli, Bruno Querci, Elio Marchegiani, Mauro Reggiani, Jiří Kolář, Jacob Hashimoto.

Attraverso i dipinti esposti - scrive Maria Letizia Paiato - sarà possibile percepire «quell'invisibile linea fluida capace di restituire la complessità, ma anche l'unità di un panorama di esperienze internazionali. [...] Trentuno nomi di caratura internazionale che fanno di Informally Speaking la mostra, fra quelle organizzate in spazi privati, più ricca e completa di questi ultimi anni».

La Galleria Open Art, sin dalla sua fondazione, propone la produzione informale del secondo dopoguerra, rivolgendo inoltre la propria attenzione alle correnti artistiche nate e sviluppatesi tra gli anni '50, '60 e '70 del XX secolo. Tra i principali artisti trattati vi sono nomi come Toti Scialoja, Gerard Schneider e Jiří Kolář, ai quali la Galleria dedica mostre che tendono a confermare anche l'attualità della loro pittura e del loro messaggio. Un particolare approfondimento è, infine, rivolto allo sviluppo dell'approccio gestuale e all'Espressionismo Astratto americano, ma anche alle proposte astratto-geometriche e al linguaggio del collage.


La mostra è visitabile da lunedì a venerdì con orario 15.00-19.30, sabato ore 10.30-12.30 e 15.00-19.30, chiuso domenica e festivi, chiuso 31 dicembre. Ingresso libero. Disponibile in Galleria il catalogo pubblicato da Edizioni Masso delle Fate, Signa (FI), 2024. 


INFORMALLY SPEAKING. Una grammatica universale

Testo critico di Maria Letizia Paiato


Galleria Open Art, Prato

14 dicembre 2024 - 1 marzo 2025

Inaugurazione: sabato 14 dicembre, ore 17.30


Per informazioni: Tel. +39 0574 538003, galleria@openart.it, www.openart.it.




Evento segnalato da : CSArt di Chiara Serri, Via Emilia Santo Stefano 54, 42121 Reggio Emilia

lunedì 25 novembre 2024

Flemish Flair” di Camilla Di Bella Vecchi e Marco Gualdoni

La città di Bologna è pronta ad accogliere la Galleria Leòn, diretta da Leonardo Iuffrida: un innovativo spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea. Situata in pieno centro, la galleria si distingue per offrire ampia varietà nei generi e nei temi trattati, prestando particolare attenzione alla fotografia e alle espressioni artistiche che usano il corpo come principale strumento di comunicazione. 


Venerdì 6 dicembre 2024 alle 18.30, la Galleria Leòn aprirà ufficialmente le porte al pubblico, invitando appassionati d’arte, collezionisti, addetti ai lavori e professionisti del settore a scoprire un'esperienza artistica unica nel suo genere. 

La galleria è a carattere commerciale ed è caratterizzata da due anime: una sezione che comprende un archivio fotografico composto da un’accurata selezione di scatti vernacolari (fotografie trouvè di autori anonimi) dall’Ottocento a oggi, insieme a foto vintage di grandi autori americani di nudo maschile e cultura queer, tra cui Bob Mizer (1922-1992) e Bruce of Los Angeles (1909-1974); e una seconda sezione dedicata a mostre temporanee, con esposizioni di opere e artisti emergenti.

In occasione dell’apertura, il fondatore Leonardo Iuffrida presenta la doppia personale “Flemish Flair” di Camilla Di Bella Vecchi e Marco Gualdoni, due fotografi italiani il cui stile richiama alla memoria le atmosfere degli artisti fiamminghi. Flemish Flair offre al pubblico l’opportunità di immergersi in un tempo e uno spazio lontani, in cui riecheggiano le atmosfere nordiche dei grandi pittori fiamminghi del Quattro-Cinquecento, quando una nuova luce apriva lo sguardo ad orizzonti di speranza e progresso. 

Tra porzioni di corpi umani che emergono da sfondi notturni, oggetti scintillanti e visioni arcane e sospese, nelle opere di entrambi i fotografi la luce scivola sulla superficie di persone, oggetti e tessuti, offrendone una resa quasi tattile. È una luce potente che apre le porte ad un mondo ideale, utopico e immaginifico, che solo la fotografia può rendere credibile. Grazie a giochi di riflessi, bagliori e accostamenti enigmatici, l’osservatore – con la mente e lo sguardo – ha il potere di plasmare un mondo fatto di bellezza e mistero. Camilla Di Bella Vecchi si concentra sulla figura femminile e sulla grazia della gestualità delle mani. 

Realizza i suoi scatti quasi sempre attraverso l’utilizzo del suo stesso corpo, richiamando frammenti, momenti e scene che si ispirano a grandi capolavori della storia dell’arte.Marco Gualdoni si focalizza sulla figura maschile e sulla costruzione di dimensioni enigmatiche. Il corpo dell’uomo, celebrato nel rispetto della visione classicista della bellezza, si fonde con elementi floreali e scultorei, venendo destrutturato fino a diventare un tutt’uno con l’architettura degli oggetti. La mostra sarà visitabile fino al 15 febbraio 2025. 

Il pubblico, inoltre, avrà l'opportunità di ammirare un’ampia selezione di fotografie vernacolari: ritratti, scatti di viaggi e di vita quotidiana, realizzate da persone comuni. Fotografie originariamente destinate a un uso personale o familiare, spesso dimenticate in album, archivi e collezioni private. Immagini che non nascevano come opere d'arte ma che, grazie alla loro bellezza, meritano di essere celebrate come autentici capolavori. Questi scatti possiedono anche un elevato valore storico-documentale, trasformandosi in veri e propri portali verso il passato, attraverso i quali è possibile osservare mode, stili, usi e costumi di epoche lontane e recenti. L'osservatore ha la possibilità di ridare loro nuova vita attraverso la propria immaginazione, conferendo nuova essenza a momenti che altrimenti sarebbero stati sommersi nell'oblio del tempo. E il collezionista diventa il nuovo custode di quel personale immaginario di cui la foto si fa finestra. 

Completano il contesto espositivo le fotografie dei Maestri Bob Mizer e Bruce of Los Angeles, due tra i più importanti rappresentanti della Physique Photography, genere che si affermò tra l’inizio del XX secolo e gli anni ’60 del Novecento, concentrandosi sull'esaltazione della muscolarità di corpi maschili atletici.Bob Mizer è considerato uno dei pionieri di questa forma d’arte per aver unito esplicitamente nudità, attività fisica ed erotismo, e per aver proposto i suoi scatti ad un pubblico di massa costituito da solo uomini, in tempi in cui l’omosessualità era osteggiata e la censura imperversava. 

É grazie a Physique Pictorial (1951-1990), considerata una delle prime riviste gay, che il nudo maschile uscì da accademie e circoli ristretti, per diventare oggetto non solo da studiare ed emulare, ma anche da desiderare. Le sue fotografie con ragazzi della porta accanto, dotati di una prorompente sensualità, hanno guadagnato riconoscimenti internazionali, passando nel 2013 anche per le prestigiose sale del Museo d'Orsay e del MOCA di Los Angeles”.Bruce of Los Angeles diede un tocco patinato al genere della Physique Photography, combinando sapientemente maestria tecnica con tocchi di glamour hollywoodiano. 

Sotto la sua lente, cowboy e uomini nudi fotografati all'aperto sono diventati divinità dall’eterna bellezza. Le sue opere sono state esibite presso Wessel + O’Connor Fine Art nel New Jersey nel 2008 e alla Stephen Cohen Gallery di Los Angeles nel 2012. Un corner della Galleria sarà dedicato alla vendita di riviste indipendenti e pubblicazioni d’epoca da collezione. 


CAMILLA DI BELLA VECCHI: BIOGRAFIA

Camilla Di Bella Vecchi (Bologna): fotografa. Laureata in illustrazione all’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino, si specializza in grafica e illustrazione. Tra il 2023 e il 2024, le sue opere fotografiche sono state esposte in musei e spazi privati, tra i quali il Castello Medievale di Montecchio Emilia, il Museo degli Angeli di Messina e un antico mulino a Castel Bolognese.  


MARCO GUALDONI: BIOGRAFIA

Marco Gualdoni (Milano): fotografo. Dopo essersi dedicato alla fotografia di paesaggio e di architettura, rivolge il suo sguardo alla figura maschile, cercando di trarne l’essenza e gli aspetti più vulnerabili. Le sue opere della serie Still Lifes Memories in mostra alla Galleria Leòn sono state pubblicate su BOYS! BOYS BOYS! – The Magazine, vol. 7 gennaio 2024. 


LEONARDO IUFFRIDA – FONDATORE GALLERIA LEÒN: BIOGRAFIA

Leonardo Iuffrida: storico dell’arte e autore de “Il nudo maschile nella fotografia e nella moda”, edito da Odoya. Laureato al DAMS di Bologna, ha studiato curatela presso la Fondazione Fotografia Modena (oggi Fondazione Modena Arti Visive) e Art & Business presso il Sotheby’s Institute of Art di Londra. I suoi saggi su arte e moda sono stati pubblicati da Skira, Bononia University Press, Silvana Editoriale e Brill Academic Publishers. Ha collaborato con GQ, Exibart, Artribune e Fondazione Pitti Discovery. Presso Senape Vivaio Urbano ha curato le mostre: “Matteo Piacenti – Nel giardino dei corpi svelati”, “Roberto Dapoto – Pittura da Fotografia” e “Tom of Finland and the Golden of Physique Photography”.

 


INFORMAZIONI UTILI 

Galleria Leòn

FOUNDER: Leonardo Iuffrida 

DOVE: Via Galliera 42/A, 40121, Bologna – Italia

OPENING: 6 dicembre 2024 ore 18.30

ORARI: Da martedì a sabato 10.00 – 12.30 / 16.00 – 19.30

INGRESSO GRATUITO 

CONTATTI GALLERIA LEÒN:MAIL: info@gallerialeon.com

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/galleria.leon/ 

CONTATTI LEONARDO IUFFRIDA:

FACEBOOK: https://www.facebook.com/leonardo.iuffrida.1?locale=it_IT

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/leonardo_iuff/

LINKEDIN: https://www.linkedin.com/in/leonardo-iuffrida-8592294b/ 

CONTATTI CAMILLA DI BELLA VECCHI:

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/_yanarienn_/ 

CONTATTI MARCO GUALDONI:

INSTAGRAM:https://www.instagram.com/marcogualdoni_/

lunedì 18 novembre 2024

Giorgio Cutini - Canto delle Stagioni

Da dicembre 2024 a marzo 2025 le sale espositive di Villa Pisani a Stra (VE) ospiteranno per la prima volta una retrospettiva del fotografo perugino Giorgio Cutini. La mostra vuole essere anzitutto un momento di bilancio per l’autore, che è stato uno dei firmatari del Manifesto “Passaggio di frontiera” insieme, tra gli altri, a Enzo Carli, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli


Sostenitore di una fotografia di rottura, in antitesi con la fotocronaca e con la proposta neorealista, Cutini viola ogni vincolo estetico e tecnico-operativo per aprire il mezzo fotografico a sorprendenti possibilità espressive e fondative. La sua è una ricerca di nuove possibilità di visione, molto al di là di quella fotografia d'imitazione del reale che l'artista tende a leggere come esibizione dell'assenza delle cose. Concepita come un percorso di introspezione artistica e umana assolutamente personale, Cutini. Canto delle stagioni è anche un viaggio universale dello sguardo attraverso le età dell’uomo.La prima sezione, Inquietudine, racconta dello stato di eccitazione, meraviglia e disagio proprio di un momento di scoperta della vita e della realtà. L’eccedenza della natura e delle cose soggioga l’artista e insieme si sottrae al suo tentativo di controllo. Nascono le condizioni per la scoperta di possibilità espressive al di là delle sicurezze della tecnica e della duplicazione del reale.Solitudine è il tema della seconda sezione. La maturità esige un momento di sosta, un faccia a faccia con quanto sta al di là. E solo nella solitudine, nell’opzione di un rapporto personale e individuale tutto ciò è possibile. La serie Egl’io, in cui Cutini interpella l’archetipo dell’albero e insieme interroga se stesso porta lo spettatore in una nuova situazione, che prepara al Silenzio, tema dominante della terza sezione espositiva.L’artista ritrova qui la fonte della sua fotografia e tende con sempre maggiore decisione al bianco e al nero assoluti. L’immagine del padre perduto in tenerissima età è occasione di riflessione sull’irriducibile assenza di cui vive la fotografia. La vertigine del silenzio è quindi indagata da Cutini negli spazi sovrumani di un appennino divenuto metafora di uno stato dell’anima, disposta a misurarsi con un silenzio potenzialmente definitivo.Punto di approdo è Requie(m), spazio di quiete che Cutini provocatoriamente mantiene in tensione tra definitivo annientamento della rappresentazione ed emersione/ rivelazione di immagini al di là dell’inganno consueto del reale. Il nero dominante è proposto come dimensione del riposo, non negazione radicale della fotografia. Nella crisi del riferimento, nella drastica frammentazione di mondo, è la Temporalità dello sguardo a segnare la via.  Come nella Rothko Chapel di Houston - referente dichiarato di Cutini - il nero si fa ambito di rivelazione, a dirci che c’è ancora la speranza di un’immagine possibile, una speranza per lo sguardo dello spettatore contemporaneo. Nel consegnarci questo intimo percorso dell’anima, Cutini ha voluto gli spazi di Villa Pisani a Stra per via dello spaesamento che essi sanno generare con le loro simmetrie esasperate e le labirintiche ripetitività. La drammatica tensione che porta il fotografo dall'inquietudine al silenzio passando per la solitudine si riverbera nell’esperienza di attraversamento della villa, tra eccitazione e perdita del riferimento. Ma l’incontro di Cutini con Villa Pisani avviene anche nel segno della Natura e del paesaggio, aspetti che connotano un’esposizione in cui la figura umana e il suo mondo di cose è singolarmente lontana quando non del tutto assente. Un’opportunità, per gli spettatori, di farsi guidare dall’immaginario dell’artista per gettare un nuovo sguardo sull'elemento naturale che avvolge la Villa con il suo monumentale parco. Con la mostra Cutini. Canto delle stagioni Villa Pisani si conferma dunque anche come luogo vocato alla fotografia e alla ricerca artistica contemporanea. Il fotografoGiorgio Cutini (1947) nasce fotografo, precocemente concentrato su una fotografia di ricerca attenta alle potenzialità espressive del mezzo tecnico e del processo di stampa anche grazie all’esperienza maturata presso agenzie di foto pubblicitarie. Nel frattempo avvia un’importante carriera chirurgica che lo porta anche a lavorare, ancora studente, come fotografo documentatore nel reparto di chirurgia.Degli anni Settanta è il recupero del cosiddetto fotogramma di scarto. Sconvolto dalle “verifiche” di Ugo Mulas, nel 1973-74 Cutini si interessa al primo tratto della pellicola fotografica del rullino, quello che raccoglie gli scatti involontari. Proprio questi frammenti, che documentano un evento visuale libero e non governato dagli stereotipi, diventano la sua prima esposizione Fotogramma recuperato (1973-82). Ancora, ritrovando in Mulas una forte fonte d’ispirazione, incomincia a occuparsi della documentazione visuale del processo creativo di altri artisti. Una linea di ricerca messa in crisi negli anni Ottanta dalla dichiarazione di morte dell’arte da parte di Argan. Giunto in prima battuta alla conclusione che non sia più possibile documentare con verità il lavoro dell'artista, Cutini reagisce riaffermando la vitalità dell’arte, attingibile nel superamento della fissità e nel movimento.Dall'esperienza concettuale ha inizio un processo costruttivo volto a consegnare allo spettatore nuove possibilità di esperienza, sempre ancorate a una forte istanza narrativa e mai riducibili alla pura astrazione. La sua attenzione alla tecnica unita a una innata vocazione alla ricerca, tra l'altro, fa di lui un innovatore anche nel settore chirurgia segnando un importante avanzamento nell’applicazione della robotica e nella tecnica della laparoscopia. Negli anni Novanta, Cutini suscita il forte interesse di Mario Giacomelli ed Enzo Carli con Omaggio ad Alberto Burri (1991). Da questo incontro scaturirà quel confronto serrato che porterà alla redazione del Manifesto “Passaggio di frontiera” (14 gennaio 1995). Nel segno di questa nuova esperienza le linee di ricerca precedenti trovano una sintesi nuova che, soprattutto nell'ultimo decennio, porta Cutini sulla soglia di una fotografia intesa come traccia di una relazione con il mondo, non trascrizione di realtà nè mera espressione di uno stato emotivo. L'immagine si manifesta come un “non ancora”, un evento sorgivo e fondativo che rende possibile vedere diversamente, vedere qualcosa che l’artista non ha visto ma che si manifesta in forza del dono di esperienza di Cutini. 

Cutini. Canto delle Stagioni è un'esposizione curata da Francesco Trentini, storico dell'arte, referente della Direzione regionale Musei Nazionali Veneto per la tutela e la valorizzazione di Villa Pisani a Stra (VE), in stretta collaborazione con l’autore. 


L’esposizione sarà accompagnata dal catalogo Cutini. Canto delle stagioni (Macerata, Ephemeria, 2024, 192 pagine, foto b/n) con interventi dell’artista, di Enzo Carli, Gilberto Marconi, Flavia Orsati, Francesco Trentini.


Cutini. Canto delle Stagioni 

13 dicembre 2024 – 16 marzo 2025 

Villa PisaniVia Doge Pisani 7, Stra (VE)


Maria Chiara Salvanelli | Press Office & CommunicationMaria Chiara Salvanelli mariachiara@salvanelli.it | + 39 3334580190Anna Chiara d’Aloja annachiara@salvanelli.it | +39 3293961225 

giovedì 24 ottobre 2024

Arte Conservativa


Lo spazio MADE4ART di Milano è lieto di presentare presso la propria sede in Via Ciovasso 17 a Brera, il quartiere dell’arte nel centro di Milano, “Arte Conservativa”, mostra personale dell’artista, restauratrice e architetto Cristina Corvino a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo

In esposizione una selezione di opere rappresentative della recente produzione di Corvino. Le diverse serie prese in considerazione per questo progetto – “Animali fantastici”, “Tatuaggi murali”, “I Piccozzati”, “Consumati” –, tutti lavori realizzati tra il 2023 e il 2024 come tecniche miste, pigmenti naturali su tele intonacate a calce, ci parlano di noi stessi in modo intimo e inaspettato, rammentando come l’arte e la vita siano inscindibilmente legate, l’una specchio dell’altra. Forme violate o scolorite, lacune e tracce, segni d’appartenenza e di esistenza impressi sul muro (e quindi sulla tela), raccontano ferite e coraggiose rinascite, messaggi di resistenza, prove e ricordi, trasformazioni: frammenti come rappresentazioni di un vissuto. 

L’“Arte Conservativa” di Cristina Corvino è unione di conoscenze, restauro che diventa forma d’arte con il recupero di antichi manufatti abbandonati all’azione del tempo per dare loro nuova forma e dignità attraverso lo studio dei materiali del passato: tramite la sua originale e personalissima sperimentazione antico e moderno si fondono per divenire qualcosa di unico, attuale, del tutto inedito sia in termini formali sia a livello di significato. 

Con queste poetiche e raffinate composizioni, caratterizzate da una stretta connessione con la sua attività di restauratrice e rappresentative della sua poliedrica, ma sempre coerente figura artistica e professionale, Corvino spazia sapientemente tra diversi campi di applicazione rendendo i confini tra di essi labili e in qualche modo privi di significato. Come scrive la stessa Autrice per definire la visione che sta alla base del proprio percorso, «Seppur siano passati molti secoli, mi sono sempre sentita vicina alla concezione di “uomo universale” del Rinascimento, non per presunzione ma per una volontà di distacco in controtendenza alla specializzazione del sapere che la società di oggi ci impone».

“Arte Conservativa” è accessibile dal 6 al 19 novembre 2024 con opening mercoledì 6 novembre dalle ore 18 alle 20; i giorni successivi apertura al pubblico il lunedì dalle ore 15 alle 18, dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle 18, il sabato dalle ore 15 alle 18. 



Cristina Corvino. Arte Conservativa 

a cura di Vittorio Schieroni, Elena Amodeo 

6 - 19 novembre 2024 

Opening mercoledì 6 novembre ore 18 - 20 

Orari dal 7 novembre: lunedì 15 - 18, martedì - venerdì 10 - 18, sabato 15 - 18 

Ingresso gratuito, su appuntamento 


Si invita a verificare sempre sul sito Internet e i social network di MADE4ART eventuali aggiornamenti sugli orari e le modalità di accesso allo spazio 

Catalogo della Collana MADE4ART disponibile in sede in versione cartacea o scaricabile gratuitamente da www.made4art.it nella versione digitale 


MADE4ART 

Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura 

Via Ciovasso 17, 20121 Milano, Italia | Brera District 

Fermate metropolitana Lanza, Cairoli, Montenapoleone 

www.made4art.it, info@made4art.it, +39.02.23663618 

lunedì 7 ottobre 2024

Giulio Cerocchi. ParoleImmagini

Lo spazio MADE4ART di Milano è lieto di presentare presso la propria sede in Via Ciovasso 17 a Brera, il quartiere dell’arte nel centro di Milano, ParoleImmagini, mostra personale dell’artista fotografo Giulio Cerocchi a cura di Gigliola Foschi.


In esposizione una selezione di opere caratterizzate da un legame inscindibile tra parola e immagine in un allestimento che vede sfumare i confini tra arte, fotografia e scrittura. Le diverse serie di lavori prese in considerazione per questo progetto sono state realizzate in un arco di quasi quindici anni – dal 2009 al 2023 – offrendo uno spaccato dell’articolata produzione artistica di Cerocchi e trasportando l’osservatore in una colta e poetica nuova dimensione. Catalogazioni, correzioni, il ricorso a elementi simbolici e alla contaminazione tra differenti linguaggi, estrapolazioni e connessioni sono alcune delle tecniche che Cerocchi ha sperimentato per abilmente manipolare parole e immagini, fornendo in tal modo nuove interpretazioni del reale e punti di vista inediti da cui osservare noi stessi e il mondo che ci circonda.

Come Gigliola Foschi ha scritto all’interno del testo critico presente nel catalogo della Collana MADE4ART dedicato alla mostra, Giulio Cerocchi ha costruito «una costellazione di opere capaci di coniugare assieme fotografia e installazione, libri e scrittura, parole… Con un corpus di opere estremamente ricco, variegato, ma sempre coerente, Cerocchi rivela la sua vasta conoscenza del linguaggio delle immagini, coniugato con il piacere del fare, del leggere e della scrittura».

ParoleImmagini è accessibile dal 18 al 31 ottobre 2024 con opening venerdì 18 ottobre dalle ore 18 alle 20; i giorni successivi apertura al pubblico il lunedì dalle ore 15 alle 18, dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle 18, il sabato dalle ore 15 alle 18.


Giulio Cerocchi. ParoleImmagini

a cura di Gigliola Foschi

18 - 31 ottobre 2024

Opening venerdì 18 ottobre ore 18 - 20

Orari dal 19 ottobre: lunedì 15 - 18, martedì - venerdì 10 - 18, sabato 15 - 18

Ingresso gratuito

Si invita a verificare sempre sul sito Internet e i social network di MADE4ART

eventuali aggiornamenti sugli orari e le modalità di accesso allo spazio

 

Catalogo della Collana MADE4ART

disponibile in sede in versione cartacea

o scaricabile gratuitamente da www.made4art.it nella versione digitale


 

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Ascofoto


Foto Ottica Cavour

domenica 15 settembre 2024

La Finestra Verde di Châssis

Con piacere Châssis presenta: LA FINESTRA VERDE collettiva di pittura a cura di Lorenza Boisi con opere di: Antonio Bardino, Marina Buratti, Vanni Cuoghi, Lorenzo Di Lucido, Elisa Muliere, Enrico Pierotti, Vera Portatadino, Salvo Rivolo, Simone Stuto.


La mostra propone una lettura dell’inesausto interesse dei nove pittori italiani per la rappresentazione possibile e declinabile della Natura, intesa in quanto esperienza, fatto ed ente.

Partendo da approcci assolutamente distinti, i pittori esplicitano una ricerca che si fa cospicua nella frequentazione, sia essa continua o sporadica, conoscenza che spazia dalla disamina alla speculazione, attraversando l’attivazione di riflessioni sui valori plastici e sulla dimensione atmosferica che la Natura può decidere di offrire, restando protagonista dichiarata, senza disperdere il mistero vegetativo di cui è portatrice.

Con questo appuntamento settembrino si inaugura anche una stagione che ospita, nella compilazione grafica di Massimo Dalla Pola, interpretazioni tematiche inedite, dedicateci dall’artista Giulio Catelli.


Châssis è un progetto di carattere non lucrativo, reso possibile dall’ideatrice e dalla buona volontà e gentile dedizione dei suoi colleghi ed amici pittori


La Finestra Verde

a cura di Lorenza Boisi


opere di: Antonio Bardino, Marina Buratti, Vanni Cuoghi, Lorenzo Di Lucido, Elisa Muliere, Enrico Pierotti, Vera Portatadino, Salvo Rivolo, Simone Stuto.


15-22 settembre 2024

Châssis

Torino

Via Sant’Anselmo 8

opening - domenica 15 settembre ore 11.30



mercoledì 4 settembre 2024

FORME DI ADATTAMENTO. Dal mondo vegetale a quello antropico



Maison laviniaturra è lieta di annunciare la ripresa della stagione espositiva con un evento imperdibile, portando avanti così la mission di promuovere le artiste donne attraverso una serie di mostre che fondono abilmente l'arte visiva e l'alta moda. In collaborazione con Associazione Mosaikadal 19 settembre al 17 novembre 2024, il celebre atelier-salotto di moda fondato dalla fashion designer Lavinia Turra ospiterà la nuova mostra dell’artista Gloria Campriani intitolata “FORME DI ADATTAMENTO. Dal mondo vegetale a quello antropico”, a cura di Maurizio Vanni.

 

L’esposizione rappresenta una straordinaria opportunità per i visitatori che vogliono immergersi in un dialogo creativo tra arte, moda ed ecosostenibilità, dove la natura fa da protagonista. Infatti, il lavoro di Gloria Campriani parte dall’osservazione di vari fenomeni ambientali e naturali — dal cambiamento climatico alle sue conseguenze dirette sulla flora e fauna del Pianeta — al fine di esplorare le forme di adattamento che la natura sviluppa in risposta a sfide trasformative.

 

Tra il giardino, il portico e parte del salone d’ingresso dell’atelier prenderà vita un progetto installativo site specific dove verranno esposte 7 opere strutturate con materiali di riciclo, rielaborati, riannodati, riutilizzati e modificati di nuovo per la trasformazione definitiva, attraverso un processo artistico che esprime una forte affinità con il mondo dell'eleganza sostenibile. Le opere, caratterizzate da colori luminosi e contrasti audaci, offrono una riflessione sull’incredibile capacità di resilienza della natura, sottolineando come la vita, in tutte le sue forme, possieda la straordinaria abilità di adattarsi ai cambiamenti climatici in corso. Il curatore Maurizio Vanni spiega: “Gloria Campriani considera le arti come prezioso strumento di conoscenza e auto-conoscenza, prima ancora che opportunità comunicativa, e forse anche per questo è sempre stata attratta dalle tematiche connesse all'ecologia, alla sostenibilità ambientale e, di conseguenza, alle reti sociali propedeutiche alla comprensione delle relazioni umane. Dopo aver preso coscienza delle questioni legate alla transizione climatica e alla necessità, nei mondi animali e vegetali, di adottare modelli di resilienza per proteggersi e perpetuare la specie, la Campriani ha cercato di immaginare un mondo in cui la trasformazione possa diventare un'ancora di salvezza. Ne risultano forme improbabili, colori meravigliosamente inverosimili, istallazioni metamorfiche (il cambiamento è in essere) e performance che sembrano alludere a un eterno scenario effimero in cui vivere corrisponde a una continua ricerca temporanea di stabilità. Gloria lancia la sfida, ci spinge a non mollare e invita le persone ad accogliere le evoluzioni perché, in fondo, risulteranno essere l'unica certezza per la sopravvivenza a patto che il genere umano si impegni in un dialogo di infinito confronto collaborativo”.

 

L’inaugurazione della mostra si terrà giovedì 19 settembre alle ore 18.00 e sarà divisa in due momenti ben definiti, l’uno complementare all’altro. Il primo prevede una parte verbale condotta e disciplinata dal curatore Maurizio Vanni, specialista del rapporto cultura, musei e sostenibilità e di Biomuseologia, che prenderà consistenza con un'introduzione e un talk show dal titolo Dalla coscienza ecologica alla psicologia ambientale. La creatività diventa sostenibile che approfondirà, a livello interdisciplinare, le questioni legate alla presa di coscienza ambientale e alla consapevolezza ecologica legate sia alla moda che alle arti. Interverranno la stessa artista Gloria Campriani, la stilista Lavinia Turra, il violinista Valentino Corvino e l'attrice Tita Ruggeri“La psicologia ambientale – scrive Maurizio Vanni – è la disciplina che studia la relazione tra le persone e l'ambiente, che indaga la risposta emotiva degli individui nei confronti del cambiamento climatico e della transizione energetica. La sfida ambientale si può vincere anche partendo dalle buone abitudini, facendo entrare la sostenibilità ecologica nel nostro stile di vita e condividendo con gli altri la coscienza ambientale”.

Alle ore 19.00 seguirà “Nuovi equilibri”, una live performance ideata e realizzata da Gloria Campriani che coinvolgerà il pubblico, emotivamente e fisicamente, in azioni fortemente simboliche ed evocative. “Nella performance intitolata 'Nuovi equilibri' – scrive Gloria Campriani – metto in evidenza le tensioni, la fatica, le difficoltà, la rabbia, che incontro durante il mio percorso e che mi impediscono, insieme allo 'strumento' instabile, con cui mi muovo, il raggiungimento di un equilibrio che sembra impossibile da ottenere. I conflitti che si generano durante il tragitto, anche di natura pratica, fra l’interno e l’esterno di una 'vecchia carcassa', non ti permettono di andare avanti. Io ondeggio come se fossi una barca in mezzo al mare mi spingo da una parte all’altra perché non ho abbastanza spazio all’interno. La struttura della 'scultura', con cui mi muovo e che mi ospita e contemporaneamente mi protegge è così instabile che mi impedisce di raggiungere l’insperato. Vacillo ma non mollo”.


“FORME DI ADATTAMENTO. Dal mondo vegetale a quello antropico” vuole essere uno spunto di riflessione sul legame tra arte e natura che, come dice il curatore della mostra Maurizio Vanni “nasce con il desiderio dell'uomo di conoscere l'ambiente che lo circonda e di prendere coscienza delle modalità più appropriate per condividerlo con altre persone”.  Inoltre Vanni si esprime su Gloria Campriani e afferma: “Attraverso le sue proposte artistiche, la Campriani riesce a stimolare la riflessione e avviare un dialogo sulla relazione tra l'individuo e se stesso, tra l'individuo e gli altri individui, e tra le persone e la natura. I suoi colori esondano nel loro richiamare sentimenti, stati d'animo e sensazioni sempre nuove. Le sue forme prendono possesso dello spazio e, senza necessariamente stravolgerlo, tendono ad alterarne l'impatto morfologico aprendo un varco verso quella che potremmo definire dimensione emotiva del fruitore. Le sue istallazioni, ma soprattutto le sue performance, hanno come obiettivo quello di creare stupore in uno spettatore chiamato a vivere un'esperienza estetica in divenire mentre scopre qualcosa di inedito che, seppur mai incontrato, risulta stranamente familiare. Quelle dell'artista toscana sono rivelazioni silenziose, mai gridate e imposte, ma sussurrate direttamente a coloro che ancora manifestano amore per la vita, concedendosi ai propri sensi”.

 

 

GLORIA CAMPRIANI

Nata e cresciuta a Certaldo nel laboratorio artigianale tessile di famiglia, Campriani possiede una formazione multidisciplinare che passa attraverso lo studio delle lingue, della pedagogia, del teatro e dell’arte. Ha lavorato per anni in aziende che collaborano con i migliori brand di moda internazionali e i suoi primi maestri vanno ricercati fra i designer con i quali è entrata in contatto durante la sua attività professionale. Queste esperienze si sono rivelate, più tardi, determinanti nella scelta dell’utilizzo del filo come uno degli strumenti principali del suo percorso artistico. La familiarità con questo materiale, infatti, ha facilitato le capacità espressive e dopo un’analisi basata sul confronto di vari materiali ha ritenuto il filo, per la sua flessibilità, lo strumento più idoneo per le sue forme espressive.

 

MAURIZIO VANNI

Museologo, Critico e Storico dell’arte, specialista in Sostenibilità, Valorizzazione e Gestione museale, in Biomuseologia in Marketing non convenzionale per la cultura. Già chief curator del MARS – Modern Art Center di Mosca (2002-2004), Curatore Museale della Fondazione Primo Conti (2005-2006), Direttore della Fondazione Dino Zoli Arte Contemporanea (2007-2008), Direttore Generale del Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art (2009-2021), dal 2008 al 2012 è stato Responsabile del Tavolo della Cultura della Provincia di Grosseto e Project Manager di “Maremma in Contemporanea”. Già docente di Museologia e Marketing museale presso UMSA – Universidad del Museo Social Argentino di Buenos Aires (2013-2018). Attualmente collabora con il Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara, è docente di Museologia presso l'Università degli Studi di Pisa, Docente di Marketing non convenzionale alla Facoltà di Economia di Roma Tor Vergata nel Master “Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media”, Docente di Valorizzazione e gestione culturale presso il Conservatorio Luigi Boccherini di Lucca nel Master MaDAMM.

È Coordinatore dell'Osservatorio di Storia dell'Arte della Pontificia Accademia Mariana Internazionale. Fa parte del Consiglio Direttivo dell'Associazione Greenaccord onlus.

Ha curato più di 700 eventi, tra mostre e progetti legati alla museologia del presente, alla gestione museale e al marketing non convenzionale, in oltre sessanta musei di trenta paesi del mondo e ha tenuto corsi, seminari, convegni e lectio magistralis in oltre quaranta università internazionali. Ha al suo attivo oltre 600 pubblicazioni.

 

 

LAVINIA TURRA

Nata a Bologna, cresciuta fra donne che tagliavano e cucivano, ha frequentato da bambina antiche sartorie e imparato l'amore per questo lavoro. Il suo mestiere nasce e cresce con l'uso delle mani, che conoscono e usano non solo i colori e le matite, ma soprattutto le stoffe e i tessuti, adoperando forbici, ago e filo. Arriva a questo lavoro attraverso un'attrazione e una lunga strada di "connivenze" e "complicità" legate all'arte, alla pittura, al teatro.

Curiosa per natura, la relazione personale e l'ascolto sono alla base del suo modo di “vestire” perché l’abito, “deve rappresentare la donna e non travestirla”. Nel 2017 fonda Maison laviniaturra, sentendo la necessità di uno spazio che non solo offra ma accolga, come solo una “casa” sa fare. L’apertura della Maison coincide anche con l’inizio della collaborazione creativa con la figlia Cecilia Torsello, rinnovamento e fresca energia del brand. Un prodotto 100% Made in Italy, tessuti di ricerca, forme timeless e dettagli all’avanguardia: Maison laviniaturra propone una propria idea di lusso, legato all’etica di produzione, all’individualità e ispirata alla cultura del bello.

 

 

INFORMAZIONI UTILI

 

TITOLO: FORME DI ADATTAMENTO. Dal mondo vegetale a quello antropico

DI: Gloria Campriani

DOVE: Maison laviniaturra, via dei Sabbioni 9, Bologna

OPENING: Giovedì 19 settembre 2024 alle 18.00

QUANDO: Dal 19 settembre al 17 novembre 2024

ORARI: Da lunedì a sabato su appuntamento dalle ore 17.00 alle 19.00

Su appuntamento. Per visitare la mostra è necessario telefonare al 320 9188304

In collaborazione con Associazione Mosaika

 


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SITO: maison laviniaturra

 

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