La semplicità del tratto - testimoniata in mostra nella sezione dei disegni e delle gouaches decoupées - è contrapposta all’esuberanza della pittura nei quadri dell’artista, presenti nei tanti cataloghi esposti che documentano l’esplosione e la fortuna internazionale di Matisse con testi provenienti da Russia, Stati Uniti, Giappone, Nord Europa e molti altri paesi, Italia inclusa.
Una fama e una notorietà appartata che rivela un Matisse prolifico disegnatore, ma dal carattere riservato, che abbandona Parigi per vivere nel sud della Francia e intrattiene rapporti con pochi e fidati amici, come l’editore svizzero Albert Skira, lo scrittore André Rouveyre, il drammaturgo Henry de Montherlant, il poeta Louis Aragon e la sua musa e moglie Elsa Triolet e non da ultimo Tristan Tzara.
È soprattutto nei disegni che svela questo suo lato, ma il valore di questa sezione non risiede solo nei legami affettivi raccontati dalle collaborazioni editoriali, ma soprattutto nel significato artistico del segno grafico come assoluta semplificazione della forma. Ne è un chiaro esempio Repli, libro d’artista pubblicato a Parigi nel 1947, di cui esponiamo l’edizione originale tirata in poco più di 300 copie con 12 litografie di Matisse e testo dello scrittore André Rouveyre. Sempre di Rouveyre è il testo di Apollinaire, spettacolare libro d’artista pubblicato in 300 copie nel 1952 con 8 litografie originali di Matisse, contenute in un cofanetto a colori e con una copertina sempre a colori da lui disegnata.
Proseguendo sulla scia del Matisse poco noto, in mostra anche le edizioni originali di 3 cataloghi del Ballets de Monte Carlo (1938-39), due delle quali con copertine di Matisse, nonché il bellissimo originale della rivista Derrière le Miroir in cui l’artista nel 1952 tratteggia nudi femminili sensuali e carichi di emozione.
È insomma il tratto di un artista che, avvicinandosi alla vecchiaia, sente il bisogno di cogliere soltanto gli aspetti fondamentali della figura umana, togliendo, togliendo, togliendo.
Se i disegni mostrano l’essenzialità del tratto è con le gouaches découpées che Matisse esprime l’essenzialità a colori. Negli anni peggiori della malattia che lo costringono sulla sedia a rotelle, si inventa un nuovo modo di creare, dando vita a delle semplici sagome ritagliate sulla carta: colore, forma e dimensioni essenziali accordati insieme, attraverso un immenso lavoro di sintesi che, nella loro estrema semplicità diventano opere d’arte innovative e complesse.
Per il grande stampatore greco Teriade, Matisse lavora a più numeri della rivista Verve, realizzando delle gouaches découpées nella prima delle quali, la n. 8 del 1940, compare un lugubre fondo nero - simbolo del periodo bellico che l’Europa stava vivendo - su cui però si stagliano delle forme prepotentemente colorate. Di Verve sono presenti in mostra cinque numeri.
Imprescindibile il capolavoro del 1947 Jazz, pubblicato dallo stesso editore (e in mostra non in edizione originale ma in un facsimile comunque di pregio) con l’intento di giustapporre testi e immagini che seguono un principio di improvvisazione ritmica, tipica del jazz.Un testo mitico da molti considerato il più bel libro d’artista illustrato del ‘900.
La scelta delle collaborazioni non era dettata per Matisse dalla notorietà dello scrittore o dell’intellettuale di turno, ma piuttosto dalla vicinanza sia emotiva che fisica con gli autori o gli editori. Ne è un esempio Roman rivista edita da suoi amici e vicini di casa, per cui disegna quella che sarà la copertina di tutti i numeri, utilizzando semplicemente due fasce colorate con al centro il nome del periodico.
Ma è la cappella di Vence a rappresentare il punto di arrivo e di sintesi tra le due diverse tecniche - disegno e gouaches découpées - coniugando in una sola opera l’essenzialità sia nel colore che nella linea.
L’ultima sezione, rassegna stampa, documenta attraverso le pagine dei giornali e delle riviste d’epoca le celebrazioni per la sua scomparsa e quelle che vennero fatte nel 1969 nel centenario della sua nascita, una su tutte la grande monografia con testi dell’amico di sempre Louis Aragon.