Enti organizzatori: Pro Loco Pienza e Centro Commerciale Naturale “Città di Pienza”, in collaborazione con il comune di Pienza e con Elicona Servizi, con il contributo di Bottega Verde
Edizione speciale di “Pienza e i Fiori”, dal primo al 13 maggio
E a Palazzo Borgia, emerge un capolavoro di Locatelli
appartenuto al Re di Spagna, opera considerata perduta.
“Pienza ed i Fiori”, trentaduesima edizione, dal primo al 13 maggio, naturalmente nel centro storico della “Città Ideale” del Rinascimento.
Fulcro spettacolare della manifestazione – promossa da Pro Loco Pienza e Centro Commerciale Naturale “Città di Pienza” in collaborazione con il Comune di Pienza, con il contributo di Bottega Verde – sarà ancora una volta piazza Pio II, sullo sfondo della Cattedrale. La grande piazza in pietra si trasformerà, dall’1 al 13 maggio, in un meraviglioso giardino effimero. Ad offrire un colpo d’occhio imperdibile, fragilissimo e stupefacente, unico al mondo.
Molti spazi urbani saranno addobbati come per una grande festa rinascimentale. Bossi, rose rampicanti e tanti fiori orneranno le più belle zone della città.
Questo contesto d’eccezione, il 12 e 13 maggio, ultimo fine settimana della manifestazione, accoglierà l’attesissimo Mercato dei Fiori. Qui, i pollici verdi troveranno proposte e idee originali, dipanate lungo le strade dell’intero centro storico e nei vicini giardini di piazza Dante Alighieri.
Evento nell’evento, l’esposizione, a cura di Francesco Petrucci e Roggero Roggeri, nelle sale del Museo di Palazzo Borgia (dal primo maggio al 2 giugno), di uno straordinario dipinto, sino ad ora considerato perduto.
Si tratta del magnifico, luminosissimo “Paesaggio” di Andrea Locatelli (Roma 1695-1741), una delle due opere del grande paesaggista romano appartenute al Re di Spagna, classificata come “dispersa”.
La tela rappresenta un “Paesaggio laziale con veduta fantastica del tempio della Sibilla a Tivoli, con pastori e armenti in primo piano”.
La riemersione di questo autentico capolavoro è stata stimolata proprio dalla manifestazione pientina. In ogni edizione di “Pienza ed i Fiori” è infatti consueta la presentazione, in Palazzo Borgia (tutti i giorni tranne il martedì, orario: 10,30-13,30/14,30-18,00), di un dipinto che documenti un giardino, una natura morta o un paesaggio e, negli anni, molte sono state le opere di livello notevole che hanno avuto la funzione di testimonial della manifestazione.
L’olio su tela di Andrea Locatelli spicca in questa pur notevole tradizione. Per la qualità indiscutibile del dipinto, innanzitutto. Ma anche per le sue particolari vicende.
Il dipinto (cm. 74×136), che sarà esposto a Pienza, si può considerare come un importante ritrovamento in quanto si tratta, come si evince dal sigillo sul retro, di uno dei due soli quadri che Locatelli, uno dei massimi esponenti della pittura romana di paesaggio, ha eseguito, nel 1735, per il Re di Spagna e fino ad ora considerati perduti.
Cosa porta gli storici dell’arte a descrivere questo come uno dei due quadri del Re di Spagna? Diversi elementi oggettivi.
Il dipinto, innanzitutto, reca sul retro, ben leggibile, un sigillo in ceralacca della casa reale Borbone di Spagna e Borbone di Napoli e Sicilia il cui capostipite è Carlo di Borbone (1716-1788) conosciuto come Carlo III di Spagna.
Il sigillo raffigura l’unione dei due stemmi relativi al regno di Napoli e Sicilia, a sinistra e lo stemma del regno di Spagna, a destra.
L’unica commissione documentata di Locatelli per i Borbone è quella di due sovrapporte, a tutt’oggi considerate perdute, raffiguranti paesaggi, commissione che l’artista romano ottenne per intercessione di Filippo Juvarra, nel 1735, per il Palazzo Reale della Granjia di San Ildefonso a Madrid, fatto costruire dal padre di Carlo III, Filippo V, dal 1721 al 1739. Tutto ciò si evince da una lettera di Locatelli a Juvarra, datata 19 ottobre 1735. Le due opere sono andate perdute ma la presenza dei sigilli reali sul nostro dipinto e le dimensioni perfettamente compatibili per un sovrapporta, ci fanno presupporre che, con buona certezza, ci troviamo davanti ad uno dei due dipinti perduti, commissionati da Filippo V ed ereditati, una volta salito al trono di Spagna (1759), da Carlo III che, evidentemente, nel corso di un inventario dei beni reali, volle far apporre il proprio sigillo al retro delle opere.
Questi ed altri approfondimenti saranno pubblicati nel catalogo curato da Francesco Petrucci, Direttore del Museo del Barocco Romano di Ariccia.
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