mercoledì 14 marzo 2018

Le matite di Matisse

Prima ancora che si concludesse la mostra di Miró, che ha invaso i tre piani della Kasa dei Libri lo scorso marzo, il nostro padrone di kasa Andrea Kerbaker aveva già deciso: “Il 2018 sarà l’anno di Matisse”.

Da quella frase ne sono successe di cose: le mostre estive dedicate a Salvatore Quasimodo, Jean Michael Folon e Bruno Munari, poi ancora un’invasione di Corrierini con l’esposizione dedicata a Dino Buzzati, e ultima, ma non per importanza e impegno richiesto, la fiera Tempo di Libri.

Nel frattempo K. continuava a scandagliare web e librerie alla ricerca di disegni, libri d’artista, cataloghi, quotidiani d’epoca; tutto ciò che poteva raccontare la vita di Henri Matisse attraverso la sua produzione artistica, le collaborazioni editoriali e gli interventi meno noti sulle riviste culturali della fine degli anni ‘30. Mesi sulle tracce di qualsiasi tipo di materiale da leggere con gli occhi del collezionista di libri, che sa trovare la storia dell’uomo intrecciata alla Storia con la S maiuscola.

E non è stato facile; come tutte le vicende d’amore, anche quella tra Kerbaker e Matisse ha dovuto superare degli ostacoli. A novembre 2017, per esempio, abbiamo dubitato di riuscire a recuperare proprio quei segni su carta e su libro che potevano raccontare con completezza la vita dell’artista.

Era come se si volesse nascondere, celare a noi curiosi gli elementi più preziosi.

Ma poi tutto ha trovato la quadra, con ricerche notturne, feriali, fortuite e fortunate, come nel caso del libro Midis gagnés di Tristan Tzara che nell’edizione originale numerata del 1939 ha svelato al suo interno, oltre ai sei disegni di Matisse, anche una lettera autografa di Tzara con un invito a teatro per il critico Malingue, lo stesso che due anni dopo scriverà una monografia su Matisse.

Così la collezione di già quasi 30.000 libri della Kasa si è arricchita di più di cento volumi e finalmente ci si è svelato un Matisse meno noto, quello tra le righe dei libri, dietro le copertine originali, dietro la mano che ritaglia fogli colorati e disegna linee in bianco e nero. Un ricco e vario materiale che attraverso quattro sezioni - cataloghi, disegni, gouaches decoupées e rassegna stampa - in qualche modo sa raccontare il percorso artistico del Maestro, senza dimenticare amicizie, vicende personali, contesto storico e culturale. 

Dopo quasi un anno di ricerca siamo pronti a mostrarvi il nostro Matisse meno noto, per il quale creare forme e colori ha corrisposto a un percorso di sottrazione, un cammino verso l’essenziale.

La semplicità del tratto - testimoniata in mostra nella sezione dei disegni e delle gouaches decoupées - è contrapposta all’esuberanza della pittura nei quadri dell’artista, presenti nei tanti cataloghi esposti che documentano l’esplosione e la fortuna internazionale di Matisse con testi provenienti da Russia, Stati Uniti, Giappone, Nord Europa e molti altri paesi, Italia inclusa.

Una fama e una notorietà appartata che rivela un Matisse prolifico disegnatore, ma dal carattere riservato, che abbandona Parigi per vivere nel sud della Francia e intrattiene rapporti con pochi e fidati amici, come l’editore svizzero Albert Skira, lo scrittore André Rouveyre, il drammaturgo Henry de Montherlant, il poeta Louis Aragon e la sua musa e moglie Elsa Triolet e non da ultimo Tristan Tzara.

È soprattutto nei disegni che svela questo suo lato, ma il valore di questa sezione non risiede solo nei legami affettivi raccontati dalle collaborazioni editoriali, ma soprattutto nel significato artistico del segno grafico come assoluta semplificazione della forma. Ne è un chiaro esempio Repli, libro d’artista pubblicato a Parigi nel 1947, di cui esponiamo l’edizione originale tirata in poco più di 300 copie con 12 litografie di Matisse e testo dello scrittore André Rouveyre. Sempre di Rouveyre è il testo di Apollinaire, spettacolare libro d’artista pubblicato in 300 copie nel 1952 con 8 litografie originali di Matisse, contenute in un cofanetto a colori e con una copertina sempre a colori da lui disegnata.

Proseguendo sulla scia del Matisse poco noto, in mostra anche le edizioni originali di 3 cataloghi del Ballets de Monte Carlo (1938-39), due delle quali con copertine di Matisse, nonché il bellissimo originale della rivista Derrière le Miroir in cui l’artista nel 1952 tratteggia nudi femminili sensuali e carichi di emozione.

È insomma il tratto di un artista che, avvicinandosi alla vecchiaia, sente il bisogno di cogliere soltanto gli aspetti fondamentali della figura umana, togliendo, togliendo, togliendo.

Se i disegni mostrano l’essenzialità del tratto è con le gouaches découpées che Matisse esprime l’essenzialità a colori. Negli anni peggiori della malattia che lo costringono sulla sedia a rotelle, si inventa un nuovo modo di creare, dando vita a delle semplici sagome ritagliate sulla carta: colore, forma e dimensioni essenziali accordati insieme, attraverso un immenso lavoro di sintesi che, nella loro estrema semplicità diventano opere d’arte innovative e complesse.

Per il grande stampatore greco Teriade, Matisse lavora a più numeri della rivista Verve, realizzando delle gouaches découpées nella prima delle quali, la n. 8 del 1940, compare un lugubre fondo nero - simbolo del periodo bellico che l’Europa stava vivendo - su cui però si stagliano delle forme prepotentemente colorate. Di Verve sono presenti in mostra cinque numeri.

Imprescindibile il capolavoro del 1947 Jazz, pubblicato dallo stesso editore (e in mostra non in edizione originale ma in un facsimile comunque di pregio) con l’intento di giustapporre testi e immagini che seguono un principio di improvvisazione ritmica, tipica del jazz. Un testo mitico da molti considerato il più bel libro d’artista illustrato del ‘900.

La scelta delle collaborazioni non era dettata per Matisse dalla notorietà dello scrittore o dell’intellettuale di turno, ma piuttosto dalla vicinanza sia emotiva che fisica con gli autori o gli editori. Ne è un esempio Roman rivista edita da suoi amici e vicini di casa, per cui disegna quella che sarà la copertina di tutti i numeri, utilizzando semplicemente due fasce colorate con al centro il nome del periodico.

Ma è la cappella di Vence a rappresentare il punto di arrivo e di sintesi tra le due diverse tecniche - disegno e gouaches découpées - coniugando in una sola opera l’essenzialità sia nel colore che nella linea.

L’ultima sezione, rassegna stampa, documenta attraverso le pagine dei giornali e delle riviste d’epoca le celebrazioni per la sua scomparsa e quelle che vennero fatte nel 1969 nel centenario della sua nascita, una su tutte la grande monografia con testi dell’amico di sempre Louis Aragon.





Maria Chiara Salvanelli

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