giovedì 28 luglio 2016

Marinella Senatore. Modica Street Musical - Il presente, il passato e il possibile

La galleria Laveronica è orgogliosa di presentare la nuova opera pubblica di Marinella Senatore Modica Street Musical - Il presente, il passato e il possibile” un musical itinerante per la città di Modica in due atti e un intermezzo, a cura di Matteo Lucchetti, ed interamente composta e interpretata con la collaborazione di oltre un centinaio di abitanti di Modica e dintorni.

Modica Street Musical trae spunto dalle cerimonie pubbliche, dai riti civili e religiosi della tradizione italiana, dai festival e dalle manifestazioni di massa, intessendo questo patrimonio immateriale all’interno del formato del musical di strada. La scelta di questo genere di spettacolo si presta ad una riflessione sul sistema della notazione musicale occidentale e sulle sue implicazioni politiche, oltre a dare spazio alle storie e ai protagonisti di svariate comunità artistiche che animano Modica e restituiscono un’immagine della complessità storica dell’associazionismo del territorio, fatto di società operaie, corpi bandistici, cori e nuove realtà di aggregazione sociale. Il musical come contenitore di aspirazioni, desideri e trasformazioni di un corpo sociale frammentato nelle sue varie componenti, che nell’arco di una serata si ritrovano coinvolte a raccontarsi l’un l’altra per mezzo della musica e di una drammaturgia condivisa che renda partecipe una città intera.

Suddivisa in tre parti, l’opera dedica il primo atto al tempo presente, catalizzando l’azione attorno alla chiesa di S.Giovanni a Modica Alta, dove decine di formazioni daranno vita ad una performance multiforme con l’intento di offrire una cassa di risonanza a quanti dedicano le loro energie sul territorio alla formazione delle nuove generazioni attraverso musica, danza e altre attività. Un grande affresco del fermento culturale cittadino con una particolare attenzione verso tutto ciò che crea aggregazione e dà vita a comunità transitorie fatte di persone dalle provenienze più disparate.

Al seguito di un chiamatore, figura tipica del teatro popolare, la folla di performer e spettatori scenderà poi verso la chiesa di San Giorgio dove prenderà forma l’intermezzo dedicato al passato. In questo frangente il passato è evocato con una funzione precisa e limitata: non come un’eredità ingombrante e inibente di scenari alternativi al presente, ma nella sua capacità di testimoniare le evoluzioni del tessuto sociale attraverso le trasformazioni storiche di un territorio così particolare nell’ecosistema siciliano, ovvero quello che un tempo era denominato Contea di Modica. Come spiega Leonardo Sciascia, questo è un territorio dove la penetrazione mafiosa aveva trovato una battuta d’arresto a causa di una orografia difficile e della presenza di una proto-borghesia che mitigava il conflitto e il divario di classe, così acceso invece nel resto dell’isola. Una scelta di racconti, aneddoti e passaggi storici locali di rilievo verranno declamati nei giardini sottostanti la chiesa – da testimoni diretti e indiretti (cantastorie, interpreti della lingua dei segni e anarchici, tra gli altri) di quegli episodi – mentre sul sagrato della stessa prenderà forma un tableau vivant rappresentativo del corpo sociale di Modica, come se quei movimenti fossero una diretta conseguenza dell’accavallarsi delle storie che scorrono da basso.

Il secondo e ultimo atto è consacrato al possibile, scelto come categoria alternativa al futuro, sottolineando la necessità di azioni concrete che nascano dalla ricognizione dell’esistente e informate dalla lettura attenta di ciò che è stato. In questo senso, Senatore ha invitato il compositore italiano Emiliano Branda a comporre una colonna sonora di Modica, a partire dai materiali raccolti attraverso una richiesta fatta in giugno agli abitanti, di inviare tutti quei suoni, ricordi, citazioni che creano nella loro memoria il tappeto sonoro della città. Il risultato è una suite originale che racconta della città e del suo potenziale, che verrà eseguita per la prima volta dalla Banda Musicale Città di Modica “Belluardo-Risadelli” nel tratto finale che condurrà verso le scalinate della chiesa di S.Pietro a Modica Bassa, mentre una neve artificiale creerà un atmosfera felliniana che chiuderà l’opera. Perno e gran finale del secondo atto, la Modica soundtrack è il lascito che l’opera pubblica di Marinella Senatore dona alla collettività che tanto generosamente ha deciso di prendere parte ad un musical che li riguardasse e che proiettasse altrove la complessità dello stare insieme e del fare comunità oggi.

Durante tutto il periodo di lavorazione del musical lo spazio della galleria si è trasformato in un laboratorio aperto ai partecipanti e a quanti volessero utilizzarlo per fare proposte ed intervenire nella drammaturgia dell’opera. La mostra che ne risulta è pertanto uno spazio nel quale lavori precedenti dell’artista e nuove produzioni compaiono come documenti e materiali di riferimento per la progettazione del Modica Street Musical, oltre che a rappresentare uno spazio di riflessione sul musical come messa in scena del rapporto tra spettacolo e vita, sulla base della continuità che esiste tra la musica e le vite quotidiane dei protagonisti locali.

Il Modica Street Musical è reso possibile grazie alla collaborazione di centinaia di partecipanti e delle seguenti associazioni e istituzioni: Ars Musica Ensemble, Associazione Culturale Gli Armonici Di Elvira Mazza, Associazione Portatori di San Giorgio Modica, A.S.D. Twirling Club Scicli, Banda Musicale Città di Modica “Belluardo-Risadelli” (diretta dal M° Corrado Civello), Comune di Modica, Civica filarmonica di Modica (diretta dal M° Francesco Di Pietro), Coro Monti Iblei, Coro Polifonico “Claudio Monteverdi” di Modica (diretto da M° Orazio Baglieri), Ente Nazionale Sordi Sezione provinciale di Ragusa, Gomez Crew, GSD Medea Siracusa, Liceo Musicale G.Verga di Modica, Op3ra, “Quelli” della Banca del Tempo Iblea, SAVA&SAVA Comunicazione, Sicilia Libertaria, Vitality di Modica.


LAVERONICA
a r t e c o n te m p o r a n e a
via grimaldi, 93
97015 modica (rg)
t. +39 0932948803
info@gallerialaveronica.it

www.gallerialaveronica.it

mercoledì 27 luglio 2016

Siddhartha

Siddharta (nell'ultima edizione Adelphi Siddhartha, come nell'originale tedesco) è un romanzo dello scrittore tedesco Hermann Hesse edito nel 1922.

L′incipit del primo capitolo:
Nell′ombra della casa, sulle rive soleggiate del fiume presso le barche, nell′ombra del bosco di Sal, all′ombra del fico crebbe Siddharta, il bel figlio del Brahmino, il giovane falco, insieme all′amico suo, Govinda, anch′egli figlio di Brahmino. Sulla riva del fiume, nei bagni, nelle sacre abluzioni, nei sacrifici votivi il sole bruniva le sue spalle lucenti. Ombre attraversavano i suoi occhi neri nel boschetto di mango, durante i giochi infantili, al canto di sua madre, durante i santi sacrifici, alle lezioni di suo padre, così dotto, durante le conversazioni dei saggi. Già da tempo Siddharta prendeva parte alle conversazioni dei saggi, si esercitava con Govinda nell′arte oratoria, nonché nell′esercizio delle facoltà di osservazione e nella pratica della concentrazione interiore. Già egli sapeva come si pronuncia impercettibilmente l′Om, la parola suprema, sapeva assorbirla in se stesso pronunciandola silenziosamente nell′atto di inspirare, sapeva emetterla silenziosamente nell′atto di enspirare, con l′anima raccolta, la fronte raggiante dello splendore che emana da uno spirito luminoso. Già egli sapeva, nelle profondità del proprio essere, riconoscere l′Atman, indistruttibile, uno con la totalità del mondo.

L′incipit dell′introduzione di Massimo Mila:
Dal verbo suchen (cercare) i Tedeschi fanno il participio presente, suchend, e lo usano sostantivato, der Suchende (colui che cerca), per designare quegli uomini che non s′accontentano della superficie delle cose, ma d′ogni aspetto della vita vogliono ragionando andare in fondo, e rendersi conto di se stessi, del mondo, dei rapporti che tra loro e il mondo intercorrono. Quel cercare che è già di per sé un trovare, come disse uno dei più illustri fra questi «cercatori», e precisamente sant′Agostino; quel cercare che è in sostanza vivere nello spirito.
Suchende sono quasi tutti i personaggi di Hesse: gente inquieta e bisognosa di certezza, gente che cerca l′Assoluto, ossia una verità su cui fondarsi nell′universale relatività della vita e del mondo, e tale assoluto trovano ­ se lo trovano ­ in se stessi. Facendo uso di un titolo pirandelliano, si potrebbe dire che «trovarsi» è l′ansia costante di questi personaggi: pervenire a quella consapevolezza di sé che permette alla personalità di realizzarsi completamente e di vivere, allora, realmente, quelle ore, quei giorni, quegli anni che vengono di solito sciupati nella banalità quotidiana d′una esistenza «d′ordinaria amministrazione». (continua)


Chi è Siddharta? È uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di Siddharta, che ripete il «costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l′aveva visto centinaia di volte con venerazione».

Siddharta è senz′altro l′opera di Hesse più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.

domenica 24 luglio 2016

Monet. Quelle Ninfee che anticiparono l'Informale.

Falaise e Ninfee, tra le serie di Claude Monet più conosciute e celebrate, sono al centro di una piccola, raffinata mostra allestita dal 3 settembre all'11 dicembre alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (Parma).

Il paesaggio di Claude Monet, brano costante dell’intera carriera del pittore, propone alla modernità un diverso modo di osservare la natura. 

Attraverso il lavoro en plein air, che di fatto porta l’atelier direttamente nei luoghi di studio, l’artista persegue la totale immersione fisica quanto mentale nel soggetto, con l’intenzione di catturare non solo le più precise sfumature di luce e movimento, ma anche il variare delle condizioni naturali.

Se nella prima parte del suo percorso, prettamente impressionista, è l’immagine percettiva ad essere studiata nei suoi istanti effimeri, nella maturazione degli anni successivi la sua tecnica diventa più elaborata e rende visibile la durata dell’impressione. Non è quindi casuale l’approdo da parte di Monet alla fine dell’Ottocento alle famose “serie”, in cui uno stesso soggetto è ripetuto più volte in momenti o condizioni atmosferiche differenti. 

Lo scopo è quello di fermare il tempo, reo di nascondere il segreto dramma della fugacità delle cose, restituendo loro valore poetico. 

L'’inizio di questi studi ripetuti è ravvisabile a partire dal 1876 nei dipinti dedicati alla stazione di Saint-Lazare a Parigi, scenario che meglio di tutti registra, oltre alla dinamicità del contenuto, anche le trasformazioni del progresso industriale in città. È però con la serie delle Cattedrali di Rouen, a partire dal 1892, che Monet raggiunge non solo fama, ma anche significativi risultati per queste nuove indagini coloristiche. 

Conferma del nuovo modo di concepire lo spazio come traccia evanescente è l’approfondimento sulle scogliere, in particolare sono le amate rocce della Normandia a rappresentare l’oggetto di un desiderio avventuroso di mutabilità. 

L’'opera di Monet Falaises à Pourville, soleil levant, conservata presso la Fondazione Magnani Rocca, appartiene proprio a una serie di cinque dipinti sul tema, eseguiti dall’artista tra gennaio e marzo 1897 e dialoga con un dipinto del maestro francese di analogo soggetto, proveniente dalla collezione Tanzi. L’alba, indagata dal vero, illumina di rosa le rocce, quinte teatrali vaporose, che creano tagli asimmetrici col mare, in cui l’acqua con i suoi colori costituisce il mezzo per eccellenza riflettente su cui concentrare gli studi sulla fusione atmosferica. 

In questa direzione, la serie che impegnerà il pittore nell’ultimo trentennio della sua vita, ovvero le Ninfee, rappresenta la summa di una profonda ricerca sulla rifrazione e non solo. 

Per meglio concentrarsi sul nuovo progetto, si sposta a vivere a Giverny, nell’alta Normandia. Qui costruisce un giardino e uno stagno, e coltiva fiori di vario tipo, comprese le ninfee, piante acquatiche che rimandano alla sua passione per l’arte giapponese. 

Come nel dipinto esposto alla Fondazione, Le Bassin des Nympheas del 1904, proveniente dal Denver Art Museum, lo stagno e nuovamente l’acqua stimolano inaspettate sensazioni visive, poiché dissolvono forme e materia, di cui le ampie e aggiornate pennellate sono dimostrazione concreta. 

Le Ninfee, ciclo che racconta l’ultima ossessione di Monet, si collocano a metà tra la pittura di paesaggio e una nuova pittura decorativa con aspetti artificiosi, quasi astratti, che hanno nella costruzione spaziale la loro novità. I toni cromatici, ora, non esprimono più solo le metamorfosi della luce e dei riflessi, ma sono mezzi che trascendono la realtà per creare qualcosa di completamente inedito, sovratemporale e intangibile.

Se prima i pittori Barbisonniers - quali Corot, Rousseau, Courbet - avevano scelto la foresta di Fontainebleau come rappresentazione dell'energia che promana dalla natura anche senza figure umane, con Monet si arriva alla dissoluzione della realtà nel sogno luminoso dell'arte. La luce prende il sopravvento su tutto, abbaglia lo sguardo del pittore e anche la tela sulla quale la forma si dissolve e si vaporizza fuori da ogni gerarchia tra centro e periferia. Siamo alla profezia dell'Informale. 

Giverny diventa la capitale morale da cui parte una lingua dell'arte che tende a una comunione panica tra l'uomo e la natura, a dissolvere i confini del soggetto e dell'oggetto e creare una emozione capace di stabilire unione e continuità, concordia e dissonanza, ma sempre sotto il segno dell'abbaglio luminoso. Si parte dunque da Monet, certamente anticipato da Turner, per approdare quattro decenni dopo a un linguaggio definito Informale in Europa e Action painting in America. L'originalità della profezia di Monet, che dissolve la forma della luce delle Ninfee nell'acqua, sta nell'aver scremato il dolore dell'informale europeo e aver catturato una felicità e un'energia vicina al vitalismo americano.

Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18)



giovedì 21 luglio 2016

I sogni a colori di Fernando Perrone in mostra alla Galleria 1°piano

Dal 6 agosto al 4 settembre 2016 si terrà la mostra personale d’Arte Contemporanea di Fernando Perrone IO SOGNO A COLORI, presso la Galleria 1°piano Ex Convento dei Teatini, Corso Vittorio Emanuele – Lecce. Inaugurazione 6 agosto – ore 19.30 con il patrocinio e in collaborazione con il Comune di Lecce, introduzione critica di Toti Carpentieri

La mostra vuole raccontare dieci anni di ricerca sui materiali 2006-2016 e soprattutto al riuso e al riciclo degli stessi interpretati in chiave contemporanea, saranno presenti sculture, dipinti e installazioni. Orari: 10.30 – 12.30/ 19.00 – 21.00 Info: laboratoriotracce@libero.it Cell: +39. 328.0862301 

FERNANDO PERRONE vive e lavora a Lecce. Ha contribuito nel corso della sua carriera allo sviluppo e alla crescita culturale dell’artigianato artistico sul territorio nazionale ed internazionale. Ha collaborato con numerosi artisti e designers di riconosciuta fama (Ugo La Pietra, Andrea Branzi, Paola Navone, per citarne alcuni) e sue opere sono costantemente pubblicate su tutte le più importanti riviste di settore nazionali ed estere, come numerose sono state le sue partecipazioni a mostre ed eventi in Italia e all’estero. E’ da definirsi sicuramente un precursore di un nuovo stile che ha segnato un radicale cambiamento nell’utilizzo della pietra nel settore dell’arredo e le sue collezioni dagli anni novanta hanno riscosso un notevole successo di critica e di pubblico. 

Nel 2014 fa parte dello staff che sostiene la candidatura di Lecce Capitale della Cultura 2019, con un suo progetto “Handmade, Artists in Action.01” e collabora al progetto *Ba*Rock*Roll installazione itinerante degli atisti-architetti Portoghesi Hugo Reis e Fìlipa Almeida. Nel 2015 fonda l’Associazione Culturale di Promozione Sociale HANDMADE e da luglio a dicembre dello stesso anno presenta e coordina negli spazi della Fondazione Palmieri “Handmade, Artists in Action.02”, progetto che ha visto partecipare numerosi artisti che condividono insieme a lui lo stesso gusto del fare manuale ed inserito nel calendario degli eventi di Lecce Capitale della Cultura 2015. …

"Nelle ultime opere di Fernando Perrone si nota una sorta di attenzione organica e complementare. Siano esse iconiche, aniconiche, informali, astratte e/o allusive. 
Il suo lavoro ha una ben precisa storia alle spalle e con un esercizio quanto mai continuativo in quel settore di confine che arte, artigianato ed altro, si dilata ben oltre i trecentosessantagradi della creatività. Guardando alla terra, alla storia e ai materiali. Primo fra tutti la pietra. Ed è ancora pietra ciò che è alla base delle sue intuizioni creative (di cui rammentiamo il costante impegno nello sviluppo dell’artigianato artistico, guardando all’antropologia e al rigore formale, lavorando alla ricerca di una sorta di nuovo stile e quindi al cambiamento). Troviamo dipinti di grande carica espressionista e sculture polimateriche che giocano sulle forme e sulle allusioni, costruendo così una sorta di autoritratto particolarmente accattivante e quanto mai veritiero che conferma quel suo essere all’interno dell’arte totale…" Toti Carpentieri – critico d’arte …

"i lavori di Fernando Perrone sono concentrati sulla materia come fatto pittorico e plastico aprendo una riflessione dentro i meccanismi dell’arte, non tanto sulla sua dimensione iconografica ma soprattutto nella sua accezione operativa. Il suo lavoro si concretizza in quadri-installazioni e in oggetti tridimensionali con un denso rilievo espressivo che rintraccia ispirazioni e motivazioni dalla scultura delle avanguardie europee e appartiene alla personalità di un artista spesso in prima linea sul fronte dell’impegno e delle battaglie per la difesa dei valori artigianali dell’operare artistico. Infatti al gusto per una lavorazione manuale, in cui emerge anche il piacere dell’assemblaggio delle forme ispirate alla natura e ai suoi ideali, si associa la volontà di sperimentare tecniche differenti. Cromie forti, che in queste ultime opere si connettono a materiali diversi, in un continuo rincorrersi di associazioni e antinomie…" Marinilde Giannandrea – storica dell’arte …

"L’uomo è il custode di un energia in grado di modificare il mondo: in senso morale, sociale, civile, estetico, ecologico, ecc. Segno tangibile di ciò è la sua capacità di modificare gli oggetti, i materiali più poveri ed amorfi, sprigionandone l’energia in essi stessi inclusa. Motore fondamentale di tale processo è la creatività. L’uomo libero è l’uomo che agisce creativamente. Ogni uomo libero è un artista…" Joseph Beuys - artista




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mercoledì 13 luglio 2016

Stellaria solaris garden project _2016

Michele Guido. Stellaria solaris garden project _2016 mostra personale di Michele Guido, a cura di Lorenzo Madaro a Palazzo Comi, Gagliano del Capo. Inaugurazione 30 luglio 2016


Nello spazio del piano terra di Palazzo Comi si genera un rapporto tra l’architettura e le opere dell’artista, che appaiono come incastonate al suo interno.

stellaria solaris garden project_2016, la prima personale di Michele Guido (Aradeo, 1976; vive e lavora a Milano) in Puglia, si sviluppa sulla relazione che intercorre tra il mondo marino e quello delle piante e sul rapporto terra-luce. Dalla scansione della conchiglia – stellaria solaris – si genera una struttura geometrica che crea la foglia. Sul fondo della sala, una sezione del frutto di loto proietta il disegno del rosone della cattedrale di Troia e dialoga idealmente con l’opera installata sulla parte opposta, che rivela il processo della fillotassi del girasole, esplicitando la disposizione geometrica dei semi al suo interno. Nello spazio, il dialogo continua grazie alla presenza di un tempio creato dalla stellaria solaris e da due progetti installati a parete. La mostra è accompagnata da un dialogo tra l’artista e Lorenzo Madaro e un testo critico di Marinilde Giannandrea.


Profilo biografico di Michele Guido
Michele Guido (Aradeo - Lecce, 1976; vive e lavora a Milano).
Partecipa al progetto di residenza “Made in Filandia” nel 2011 e riceve il “Premio Rotary” nel 2010, mentre nel 2008 quello della Fondazione Pomodoro per giovani scultori. Tra le ultime mostre personali: nel 2014 “operadelocalizzata garden project” presso il museo Carlo Zauli e il museo MIC di Faenza; mentre nella galleria Z2O | Sara Zanin, Roma realizza: “z2o garden project” nel 2009, “02.02.13 garden project” nel 2013, "il tesoro di atreo garden project" con H. Nagasawa nel 2015. Tra le principali collettive: "La Forma della Città", Eduardo Secci, (Firenze, 2016); “Biennale del disegno. Krobilos”, FAR (Rimini 2014); “senza titolo”, galleria Lia Rumma (Napoli 2013); “Botanica”, Fondazione Plart (Napoli 2011); “Segnare/Disegnare”, Accademia di San Luca (Roma 2009); Premio per Giovani Scultori, Fondazione Arnaldo Pomodoro (Milano 2008).

La mostra si inserisce nell’ambito di un programma più ampio, nato a conferma dell’importante lavoro svolto negli ultimi sette anni di Capo d’arte. L’associazione no-profit ha liberato le energie di Gagliano del Capo, un paese al di fuori dei percorsi turistici convenzionali che ha saputo preservarsi in tutta la propria autenticità storica e morfologica, dando vita a un circolo virtuoso nel segno della contemporaneità. Il 30 luglio è pertanto l’occasione per scoprire come progetti nati in autonomia – tra cui la personale di Michele Guido a Palazzo Comi – aderiscano a un obiettivo comune e lavorino in sinergia, accomunati dalla volontà di aprire nuove strade per uno sviluppo consapevole delle eccellenze artistiche e delle risorse creative locali in collaborazione con artisti in Italia e all’estero.

Il calendario espositivo prevede quindi:
Per il terzo anno consecutivo la direzione artistica di Capo d’Arte è affidata a Massimo Torrigiani. Quest’anno è stata invitata l’artista indiana Shilpa Gupta (Bombay, 1979), tra le più conosciute del mondo asiatico e con già al suo attivo un’importante carriera internazionale, che affronta nei suoi lavori tematiche quali desiderio, religione, nazione e identità. L’opera scelta per ALTROVE è “MY EAST IS YOUR WEST”, una grande installazione luminosa e animata che vuole stimolare una riflessione sul pregiudizio, inteso come frutto di condizionamenti sociopolitici e culturali legati all’appartenenza geografica dell’”altro”. Il lavoro di Shilpa Gupta sarà collocato nella piazza principale di Gagliano del Capo, sul tetto di Palazzo Daniele - sede dell’associazione Capo d’Arte - edificio storico costruito intorno alla metà del XIX secolo, su progetto dell’architetto Domenico Malinconico. Inaugurazione ore 20.

Quest’anno Capo d’Arte ha avviato una prestigiosa partnership con l’Accademia di Francia di Roma con un ciclo di residenze d’artista a Gagliano del Capo, la prima delle quali ha visto come ospiti il duo francese di street artist Lek & Sowat (Frédéric Malek e Mathieu Kendrick), borsisti a Villa Medici per l’anno 2015-2016. Dalla collaborazione è nato il progetto per un’opera site specific che i due artisti realizzeranno il prossimo 30 luglio, avvolgendo con il cellophane un edificio abbandonato in piazza Falcone e Borsellino. La realizzazione dell’opera conclude la residenza artistica di Lex & Sowat a Gagliano, nel corso della quale sono stati realizzati altri due lavori site specific. Per il primo i due hanno lavorato su un vagone ferroviario abbandonato lungo un binario morto. Il secondo intervento, realizzato con la stessa tecnica, è una black box in corso Umberto I con una porta a vetri che affaccia sulla piazza principale del paese.

Claudio Abate: Testimonianze 1964 – 1979 - Alle ore 19:00 in Corso Umberto I, 62 verrà inaugurata la mostra del fotografo romano Claudio Abate. La crescita artistica di Abate coincide con l’epoca che vede la nascita dell’Arte Povera, l’Arte Concettuale, la Body Art e la performance: l’Italia è un vivo centro sperimentale d’avanguardia e la sua opera fotografica ce ne restituisce un ritratto altrimenti perduto. L’esposizione conta circa venti fotografie storiche e rimarrà aperta al pubblico fino al 31 agosto dalle ore 19:00 alle ore 23:00.

Caverne, Pietre e Luci – “Lastation”, Piazza Bitonti e Piazza San Rocco ospiteranno la mostra del filmmaker e artista visivo spagnolo Carlos Casas all’interno del programma di Indagine sulle Terre Estreme a cura di Ramdom. Partendo per un viaggio fisico e introspettivo nel capo di Leuca, l’artista ha avuto modo di indagare il territorio nella sua componente morfologica e in quella storica, esplorando le grotte e gli anfratti modellati dal mare a dall’intenso lavoro degli spaccapietre. La luce naturale che filtra nelle grotte del capo di Leuca diventa un elemento fondamentale del suo viaggio insieme alla maestosità dei paesaggi naturali così intimamente legati alla storia degli uomini. In questa esplorazione del territorio Casas ha avuto modo di riscoprire il legame antico che lega l’animo umano a caverne, pietre e luci, gli elementi naturali che danno il nome alla sua personale.

 La mostra sarà aperta fino al 21 agosto, tutti i giorni dalle 19:00 alle 22:00.

Stellaria solaris garden project _2016
Artista: Michele Guido
Curatore: Lorenzo Madaro

Luogo: Palazzo Comi - assocazione Via Vai, via XXIV maggio 32-34, Gagliano del Capo (Lecce)
Durata: 30 luglio | 15 agosto 2016. Tutti i giorni dalle 19 alle 22.30.
Inaugurazione: 30 luglio ore 19.00
Info: 338.63.38.627

In collaborazione con Galleria Lia Rumma, Milano - Napoli.

domenica 10 luglio 2016

Lola Garrido introduce Women (are beautiful) di Garry Winogrand

Introduzione alla mostra "Garry Winogrand - Women (are beautiful)", a cura di Lola Garrido,  in esposizione al Museo MAN, Nuoro dal 15.07 al 09.10.2016 

Durante gli anni ‘60 assistiamo a un cambiamento radicale nella condizione delle donne, basato su un intenso esercizio della libertà interiore ed esteriore. L'obiettivo fotografico di Garry Winogrand descrive meglio di ogni altro questa trasformazione sociale e, per un intero decennio, costruisce un documento unico, senza precedenti, che immortala questo cambiamento, entrando a far parte della storia della fotografia. Il "principe delle strade", come veniva chiamato, si guadagna questo titolo fornendo un ritratto profondo degli atteggiamenti delle donne nella loro vita quotidiana. Atteggiamenti che, nella sua opera, diventano forme.

Garry Winogrand non rincorre una precisione compositiva. Il fotografo disobbedisce più e più volte agli insegnamenti di base in merito agli “aspetti formali di un'opera d'arte", diventando il “maestro” del momento. Per tanti motivi, Winogrand è considerato un erede di Robert Frank, che sosteneva la necessità di una perdita intenzionale di equilibrio nell’immagine, dichiarando: "quanto piccola può essere una cosa in una fotografia e tuttavia importante!". Questo quadro metaforico non è altro che la disorganizzata esperienza della realtà stessa. Winogrand, di fatto, cattura ogni dettaglio, componendo e dando significato naturale alla rappresentazione. La città è lo scenario prediletto da Winogrand, nel quale, in relazione a edifici, marciapiedi, semafori e persone, verifica i limiti della scala umana.

“Women are beautiful” appare nel 1975. Nei quindici anni precedenti Winogrand era stato impegnato a scattare fotografie di donne un po’ ovunque: nelle piscine, nelle mense, nelle feste dell'alta società e, soprattutto, per le strade di New York. Evitando foto di nudo e ritratti in studio, Winogrand esplora il modo in cui le donne esprimono la propria sessualità con i vestiti, le acconciature, i gesti, il modo di ridere o sussurrare. Una delle immagini rappresenta una donna che ride vistosamente, con un cono gelato in mano, di fronte a una vetrina con un busto di manichino che ricorda quelli ritratti da Atget all'inizio del 20° secolo.

Una delle cose che sono state dette su Winogrand è che  “il suo piacere per la vita era più forte del suo interesse per l'arte, piacere che gli fa affrontare, attraverso le immagini, la commedia del nostro tempo". Non si tratta dunque di un saggio superficiale sui nuovi tipi di bellezza, ma piuttosto una riflessione sociale sulla contro-cultura e sulle manifestazioni a sostegno della libertà delle donne. Tuttavia, è impossibile negare l'elemento estetico sottostante, la bellezza di figure femminili libere da complessi, sicure del loro aspetto e coerenti con la nuova era del benessere americano. 

Lo stile apparentemente freddo e “parziale” di Winogrand è stato associato a quello dell’Espressionismo astratto. Le diagonali nitide delle sue fotografie, alla maniera della pittura di quegli anni, sono come pennellate di vernice. Winogrand coglie la vita e i suoi sviluppi, con un evidente trasporto verso ciò fotografa. Le sue donne sono vitali, sicure di sé, felici, senza complessi, donne che vanno per la propria strada e la cui libertà le rende più affascinanti. E ' il momento in cui ci si rivella contro la dittatura di "ciò che gli altri potrebbero dire". 

Se Robert Frank è stato il fotografo degli anni '50, Garry Winogrand è  senz’altro uno dei più grandi del decennio successivo e l'artista del suo tempo. Le sue opere sono presenti nelle collezioni dei più grandi musei: dal MoMA, alla Tate Modern, al Centre Pompidou.

Lola Garrido

martedì 5 luglio 2016

Paul Signac. Riflessi sull’acqua al Museo d’arte della Svizzera italiana.

Il  Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI Lugano)  apre la nuova stagione museale a un anno dall’inaugurazione con una grande mostra dedicata a Paul Signac (1863-1935). 

Le prime mostre del secondo anno di attività del MASI Lugano intendono aprire una riflessione sugli sviluppi del linguaggio pittorico attraverso l’opera di artisti moderni e contemporanei che trova un punto di partenza ideale nell’opera dell’artista francese Paul Signac, grande precursore della pittura moderna. 

Paul Signac. Riflessi sull’acqua riunisce oltre centoquaranta opere, fra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni, appartenenti a un’eccezionale collezione d’arte, uno dei più importanti nuclei di opere dell’artista conservato in mani privatePresentata alla Fondation de l’Heritage di Losanna all’inizio di quest’anno e ora al MASI Lugano, la mostra offre un’esaustiva panoramica dell’evoluzione artistica del pittore ripercorrendo le fasi che hanno segnato i mutamenti della sua tecnica pittorica. Attraverso un percorso cronologico e tematico, l'esposizione rivela le molteplici sfaccettature di un uomo innamorato del colore. Le opere esposte documentano le diverse fasi dell’evoluzione artistica di Paul Signac: dai primi dipinti impressionisti fino agli ultimi acquerelli della serie dei Porti di Francia, passando per gli anni eroici del neoimpressionismo, il fulgore di Saint-Tropez, le immagini scintillanti di Venezia, Rotterdam e Costantinopoli.

La mostra Paul Signac. Riflessi sull’acqua, a cura di Marina Ferretti Bocquillon, direttore scientifico del Musée des impressionnismes di Giverny e corresponsabile degli Archives Signac, è posta sotto l’alto patronato di Sua Eccellenza, Signor René Roudaut, Ambasciatore di Francia in Svizzera ed è stata organizzata in collaborazione con la Fondation de l’Hermitage di Losanna, istituzione con cui il Museo ha già avuto occasione di collaborare nel 2012 per la realizzazione della grande mostra tematica Una finestra sul mondo. 

In concomitanza con la mostra dedicata all’opera di Paul Signac, il Museo proporrà dai primi di ottobre una grande antologica dedicata ad Antonio Calderara (1903-1978), figura singolare e appartata del panorama artistico italiano per molti aspetti paragonabile a quella di Giorgio Morandi, che come Paul Signac ha fatto della pittura il suo linguaggio prediletto. Una mostra che vuole presentare al grande pubblico la ricerca artistica di Antonio Calderara, partendo dalle opere del periodo figurativo, fortemente influenzate dall’opera di Georges Seurat - altro punto di incontro con la ricerca di Signac -, fino alle opere astratte attraverso un percorso dominato dal valore assoluto della luce. Centrali sono i dipinti di piccoli formato degli anni Sessanta e Settanta in cui prende corpo una luce - colore che traduce l’aspirazione del pittore a dipingere il nulla, il vuoto, la luce e l’armonia: l’infinito.

domenica 3 luglio 2016

Terza Edizione di “Vento d’estate: la poesia”.

L' Associazione Culturale EUREKA di Corato (BA) organizza per il 9 luglio 2016 la manifestazione:Vento d’estate: la poesia”, Terza Edizione a cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi.

Dopo il successo delle passate edizioni, anche quest’anno l’Associazione Culturale EUREKA organizza la Terza Edizione dell’evento “Vento d’estate: la poesia”, un volantinaggio di poesie sull’intero territorio di Corato (Bari), a cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi.

Un’idea all’insegna del fare che ripropone il metodo propagandistico dell’attuale sistema pubblicitario e che avviene per lasciar risuonare l’eco della poesia ed arrivare finalmente agli uomini in modo diretto e immediato. A buon diritto la poesia deve rientrare in soluzioni alternative, fuori dagli schemi tradizionali.     La manifestazione si svolgerà nella sola giornata di sabato 9 luglio e vedrà protagonisti non solo i poeti, noti nel panorama letterario nazionale, ma anche i ragazzi che distribuiranno i volantini, interagendo in prima persona con la gente. Una performance collettiva di strada, mobile, mutante, che pone il testo poetico nelle condizioni di aprirsi alla città per mostrarsi.

La cultura ormai è solo un evento da consumare in fretta, come un aperitivo, e sta agli operatori agire in modo veloce e senza disincanto. Cogliere, vedere, percorrere, leggere ed esporsi, a qualsiasi destinazione, sono condizioni che non si dissolveranno nell’arco di un breve minuto, ma daranno la possibilità di creare effetti sull’essere umano per un lunga e possibile crescita nel tempo avvenire.
Versi per mostrare l’essere in un tempo in cui la luce della cultura si è affievolita.

Poeti: Francesco APRILE, Rossana BUCCI, Antonino CONTILIANO, Vittorino CURCI, Anna Lauria, Alfonso LENTINI, Oronzo LIUZZI, Eugenio LUCREZI, Giorgio MOIO, Alberto VITACCHIO


Associazione Culturale EUREKA
Via Torquato Tasso 30, Corato (Bari)