venerdì 18 marzo 2016

L’arte della bellezza. I gioielli di Gianmaria Buccellati

La mostra "L’arte della bellezza" in mostra alla Reggia di Venaria dal 18 marzo al 5 giugno 2016 è una preziosa selezione in larga parte inedita delle straordinarie creazioni di gioielleria e di alta oreficeria realizzate da Gianmaria Buccellati: un’occasione unica per scoprire l’affascinante storia di questa realtà di successo internazionale.

Gianmaria Buccellati è il protagonista di questo viaggio nel nome della tradizione e dell’eccellenza artigianale italiana. Nato nel 1929, Gianmaria dà avvio alla sua storia personale dall’esperienza del padre Mario, che nel 1919 aveva aperto la sua prima boutique di alta gioielleria a Milano, dove aveva conosciuto Gabriele d’Annunzio, che lo aveva definito il “principe degli orafi”.

Nel corso degli anni Gianmaria ha realizzato autentici capolavori attraverso l’utilizzo di oro e argento, perle e pietre preziose, rappresentando il genio italiano nella creazione di opere d’arte, apprezzate ovunque. Ha aperto negozi in tutto il mondo, dall’Occidente all’Estremo Oriente, da Montecarlo a Hong Kong, da Firenze a Tokio e a New York. I suoi splendidi gioielli, ricercati dai personaggi del jet set internazionale, danno la suggestione dell’italianità dello “stile Buccellati”. La consacrazione avviene nel 1979 con l’apertura della boutique Buccellati nella prestigiosa Place Vendôme a Parigi, vero tempio mondiale della haute joaillerie.

Una storia italiana, che si snoda lungo tutto il Novecento, di uno dei protagonisti del Made in Italy, un successo di arte e di tecnica, di estro artistico e di capacità artigianale, nonché di fiuto imprenditoriale e di mecenatismo illuminato.

In collaborazione con: Fondazione Gianmaria Buccellati, Fondazione di Studi dell'Arte Orafa e dei suoi Protagonisti. Con il coordinamento della Swiss Luxury Culture Management.


L’arte della bellezza. I gioielli di Gianmaria Buccellati
REGGIA
Venaria Reale (TO) - dal 18 marzo al 5 giugno 2016
Piazza Della Repubblica 4 (10078)
+39 0114992333 , +39 0114597805 (fax)
posta@reggiavenariareale.it
www.lavenariareale.it

domenica 13 marzo 2016

Bridging the gap ovvero i nodi di Jorge Eduardo Eielson

MAAB Gallery è lieta di presentare “Bridging the gap”, la mostra dedicata a Jorge Eduardo Eielson (Lima 1924 - Milano 2006), quale omaggio a uno dei più grandi artisti peruviani contemporanei, visionario e poliedrico, che è riuscito ad abbracciare i linguaggi e gli strumenti delle arti visive e della letteratura, spaziando dalla performance all'assemblage, dall'installazione alla fotografia, al cinema, per esprimere le moteplicità del mondo.

Il progetto espositivo è incentrato sull'immagine e il significato dei celebri “nodi” che egli introduce progressivamente nei suoi lavori a partire dal 1963, attraverso i quali approda a una vera e propria sintesi culturale, plastica, magica e simbolica.

I nodi di Eielson, derivati da una personalissima elaborazione dell'antico linguaggio incaico dei “quipus”, costituiscono il punto di congiunzione fra la contemporaneità e il passato storico-artistico e antropologico precolombiano, diventando l'imprescindibile fondamento costitutivo del proprio sistema espressivo, quale nucleo estetico e semantico di un codice linguistico nuovo ed estremamente attuale. Essi sono il risultato di una torsione, del piegarsi della tela su se stessa, di una tensione fisica che è prodotta da un gesto esistenziale, dando luogo ad un complesso insieme di significati e di simbologie.

In ogni lavoro il “nodo” è formulato attraverso molteplici e sorprendenti variazioni che esercitano altrettante tensioni per descrivere possibili traiettorie e creare spazi dinamici ed estroflessioni, ora acquietati nella calma del monoscromo, ora più complicati e perturbati da una successione di annodamenti, con fasci di tessuti attorcigliati, che producono interessanti e vivaci giochi plastici e cromatici.

Il “nodo”, l'antico segno quechua, diventa così epicentro di energie e qualità differenti, struttura archetipica capace di suscitare forme spaziali in cui elementi diversi sono legati in un processo in continua evoluzione per congiungere gli opposti e colmare le distanze tra ambiti apparentemente inconciliabili, tra ricerca materiale e quella metafisica, ovvero tra la componente oggettuale e concreta del suo lavoro, che occupa lo spazio della superficie della tela, e quella mentale, metaforica e filosofica.

In mostra una scelta di lavori diversi per tipologia, forme e dimensioni, fra i quali “Camicia” del 1963, alcuni “Quipus” monocromi e colorati degli anni '60 / '70, gli annodamenti della serie “Amazzonia” del 1978-79, fino al grande “Disco Terrestre” del 1989.

Sarà disponibile una pubblicazione con testo Italiano / Inglese di Davide Sarchioni.

lunedì 7 marzo 2016

Katerina Belkina

Katerina Belkina (Samara, Russia) inizia la sua formazione artistica presso l’Accademia d’Arte della sua città natale, nel sud est della Russia, dove studia tecnica pittorica, un tratto che rimarrà determinante nella sua evoluzione artistica successiva. Prosegue la propria educazione artistica presso l’Accademia di Fotografia di Michael Musorin a Samara, dove si realizza compiutamente come artista fotografica nel 2000. E’ il momento del salto verso una autonoma produzione artistica. Katerina si trasferisce a Mosca dove hanno luogo le prime mostre dei suoi autoritratti caratterizzati da atmosfere mistiche, rarefatte, metafisiche.

Il successo la porta a Parigi, Londra e Berlino, dove oggi vive e lavora.
Nel 2007 Katerina è nominata per il prestigioso Premio Kandinsky a Mosca quale artista russa dell’anno.

Nel 2016 vince il prestigioso premio internazionale Hasselblad Master per la fotografia d’arte.
Scrive di lei Marike van der Knaap, storica dell’arte: “Katerina Belkina è un’artista che vede l’essere umano come una creatura alla ricerca, con l’anima e la ragione, dei confini delle proprie connessioni con l’universo. Nel confronto con l’impossibilità di ciò, egli crea il proprio universo, plasma la forma della metropoli. Tuttavia, questo mondo urbano è artificiale, meramente materiale. E l’essere umano, come un piccolo puntino in questa immensità artefatta, si sente ancor più solo ed abbandonato. In tal senso i personaggi di Katerina Belkina sono ri-plasmati. Nella sua visione la metropoli ha creato una nuova umanità, nella quale solo una frazione di coscienza della connessione con l’universo reale è presente.

L’Hasselblad Masters Award è uno dei più prestigiosi premi internazionali di fotografia, attribuito annualmente a coloro che abbiano ottenuto risultati eccezionali attraverso questo mezzo di espressione. Le opere premiate, selezionate da una giuria internazionale composta dai nomi di maggior prestigio nel settore della fotografia mondiale, entrano a far parte di una mostra itinerante e di una preziosa pubblicazione.

Il premio è assegnato ad artisti già affermati o nuovi talenti che concorrono in varie categorie: Natura/Paesaggi, Ritratti, Moda, Architettura, Società, Fotografia Generale e il più prestigioso, Fotografia d’Arte, attribuito nel 2016 a Katerina Belkina.

Katerina Belkina - Humanism
CREARTE STUDIO - PALAZZO PORCIA
Oderzo (TV) - dal 12 marzo al 16 aprile 2016
Piazza Castello 1 (31046)
+39 3337474335
info@crearte-studio.it
www.crearte-sttudio.it

martedì 1 marzo 2016

Giovani storici dell’arte dall’Università degli Studi di Milano al Museo Bagatti Valsecchi

Dal 3 marzo tornano ad animare il Salone del Museo Bagatti Valsecchi i consueti giovedì. Apre la stagione il ciclo Nuove Voci, iniziativa molto cara alla casa museo di via Gesù giunta ormai alla sua quinta edizione: tre appuntamenti con cadenza settimanale, in cui giovani storici dell’arte dell’Università degli Studi di Milano sono chiamati a presentare al pubblico gli esiti delle proprie ricerche accademiche.

L’edizione di quest’anno prende le mosse con un incontro dal titolo La traslazione di San Simpliciano: un argomento apparentemente lontano nel tempo e nello spazio, al quale danno nuova attualità fatti recenti e di grande risonanza popolare quali il trasporto e l’esposizione romana del corpo di Padre Pio; giovedì 10 marzo è la volta de I monumenti di Luigi Secchi nella Milano di Luca Beltrami, appuntamento che offre l’occasione di (ri)scoprire la storia delle opere pubbliche sulle quali i nostri occhi si posano quotidianamente. I Maestri del colore sono stati per un’intera generazione il primo approccio alla storia dell’arte e ancora oggi, dopo tanto tempo, sono uno strumento non ancora tramontato: a questi fascicoli e al loro ideatore è dedicato l’ultimo appuntamento del ciclo, giovedì 17 marzo.

L’iniziativa incoraggia il lavoro delle nuove leve di studiosi e ribadisce il nesso tra musei e università quali centri di studio e di valorizzazione del patrimonio culturale. Attraverso il progetto del Museo Bagatti Valsecchi i giovani conferenzieri hanno l’occasione di condividere al di fuori dell’ambito universitario il frutto dei propri studi, riportando così l’attenzione sull’importanza della ricerca.

L’iniziativa gode del patrocinio dell’Università degli Studi di Milano ed è resa possibile grazie al supporto di Cinzia Buccellato, amica del Museo Bagatti Valsecchi.

Gli appuntamenti:

3 marzo, ore 18,30
Irene Sozzi

La traslazione di San Simpliciano. Arti e apparati per una solennità milanese del tardo Rinascimento
Introduce Rossana Sacchi

10 marzo, ore 18,30
Marco Cavenago
I monumenti di Luigi Secchi nella Milano di Luca Beltrami
Introduce Giorgio Zanchetti

17 marzo, ore 18,30
Federica Nurchis
Alberto Martini (1931-1965). Una rivoluzione a fascicoli da Longhi ai Maestri del Colore.
Introduce Giovanni Agosti

INGRESSO LIBERO FINO AD ESAURIMENTO POSTI