venerdì 29 novembre 2013

Entrare nel cuore... e rimanerci.

Per entrare nel cuore di qualcuno bisogna avere la chiave giusta. Poi, quando ci sei dentro, devi decidere se rimanerci (e quindi butti via quella chiave) oppure conservarla (per poter uscirne ed entrarvi a piacimento)...questo però è un rischio, perchè in tal caso, quel qualcuno, potrebbe decidere di cambiare serratura e di lasciarti fuori. (ellebi)

lunedì 25 novembre 2013

Fa quello che ti dice il cuore

"Ti criticheranno sempre, parleranno male di te  e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei.
Quindi: vivi come credi, fai quello che ti dice il cuore... la vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali.
Canta, ridi, balla, ama... e vivi intensamente ogni momento della tua vita... prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi...." - Charlie Chaplin

sabato 23 novembre 2013

Le parole che non ti ho mai detto

"Nessuno, mai, riesce a dare l'esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle." - Gustave Flaubert, Madame Bovary, 1856

giovedì 21 novembre 2013

Aspettando Godot oggi ?

Alla Casa dei Teatri di Roma in programma una straordinaria mostra che percorre i cambiamenti e gli elementi costanti nell'approccio alle opere di Samuel Beckett, invitando i visitatori a riflettere sulla capacità del teatro di osservare da un'angolazione straordinaria la realtà del proprio tempo dalla metà del Novecento al nuovo millennio.

Tutta l'opera di Samuel Beckett può essere considerata il racconto di "un'umanità inconsapevolmente imprigionata" e la dimensione di costrizione fisica e mentale caratterizza il lavoro del drammaturgo irlandese.
Sono passati 60 anni dalla prima mondiale di Aspettando Godot (Parigi, Théatre de Babylon, 5 gennaio 1953), e da allora, questa e altre opere di Beckett hanno rappresentato una feconda fonte ispiratrice per la creazione scenica, sia per l'orizzonte della tradizione teatrale che per i linguaggi della sperimentazione, sino a toccare l'immaginario popolare, anche televisivo.

Soprattutto dagli anni Novanta, dopo la morte del drammaturgo, le sue opere hanno oltrepassato i confini del teatro dell'assurdo e del metafisico, rivelandosi capaci di stimolare sensibilità che guardassero all'umano nella complessità del presente della Storia.

La mostra "Aspettando Godot oggi ?", in programma fino al al 26 gennaio 2014 alla Casa dei Teatri è a cura di Yosuke Takie promossa da Roma Capitale-Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica, da Biblioteche di Roma e da Teatro di Roma, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura.
 
Dal 6 novembre 2013 al 26 gennaio 2014
 
Orario: dal martedì alla domenica, ore 10-17
Chiusura: Lunedì Ingresso libero fino a esaurimento posti
Casa dei Teatri -Largo 3 giugno 1849 angolo via di San Pancrazio - ingresso Arco dei Quattro Venti
Casa dei Teatri e Scuderie
Indirizzo: Largo 3 giugno 1849 angolo via di San Pancrazio - ingresso Arco dei Quattro Venti
Villa Doria Pamphilj - Villino Corsini)
Data:
dal 6 novembre 2013 al 26 gennaio 2014
Orario: dal martedì alla domenica, ore 10-17
Chiusura: Lunedì
Accesso: Ingresso libero fino a esaurimento posti

sabato 16 novembre 2013

VANITÀ e AFFANNI : Piccoli e grandi disegni di Alessandro Di Gregorio

Basement Project Room presenta la mostra personale di Alessandro Di Gregorio in una raccolta di ultimi lavori grafici che danno una visione completa della sua ricerca segnica e gestuale.

Il racconto di un’epoca vissuta da un bambino timido, il paesaggio appuntato da un viaggio su uno di quei treni silenziosi dagli altissimi finestrini o sull'aereo dalle fragili ali che attraversa le nuvole, ha qualcosa di angoscioso e di straziante, ma anche qualcosa di estremamente speranzoso: ci sono dentro tutti i rimpianti e le paure, i sogni e le attese.
 
I ricordi di un'infanzia ritornano: i volti, un cavallo nero, un soldatino di plastica intento a far la guerra o una hall di un grande albergo. Sul fondo ci sono, come ombre, le fotografie sbiadite. La giusta conclusione di uno studio e di un esercizio costante: tutto viene raccontato in una narrazione appassionata, in un rapporto serrato fra appunti, storia e sogni che si ravviva continuamente e consegna i fatti alla soggettiva interpretazione.
 
Gioco, rispetto, fiducia, collaborazione sono le parole che emergono maggiormente da quasi tutte le intricate trame tracciate da una semplice penna: un'opportunità per riscoprire l'unicità dell'essere umano nelle sue sfaccettature e contraddizioni, la sua solitudine e l'affaticamento nel trovare un posto nel mondo.
 
I lavori presentati contengono immagini pregne di spinta interiore, silenziose e dove il tempo sembra ibernare un disagio decisamente contemporaneo: il destino incerto.
 
Il ritmo lento, l'atmosfera ambigua e malinconica, le ambientazioni indefinite invitano il fruitore a trovare una logica ed un senso ai disegni presentati. La tensione sta proprio in questo equilibrio, nella staticità che ferma il flusso del tempo e nel ricondurre un'immagine familiare ad estranea nello stesso momento.
 
VANITÀ / AFFANNI
Piccoli e grandi disegni di Alessandro Di Gregorio
dal 16 NOVEMBRE al 30 NOVEMBRE 2013
BASEMENT PROJECT ROOM
via Tommaso d'Aquino, 26 Fondi (LT)
T +39 329 2753063
basementprojectroom@gmail.com
www.basementprojectroom.blogspot.com

domenica 10 novembre 2013

Perché il mondo appartiene a chi osa e perché la vita è troppo breve per essere insignificante

"Ho perdonato errori quasi imperdonabili. Ho provato a sostituire persone insostituibili. Ho cercato di dimenticare persone indimenticabili. Ho agito per impulso, sono stato deluso dalle persone che non pensavo lo potessero fare. Ma anch’io ho deluso quelli che amo. Ho riso in momenti inopportuni. Mi sono fatto degli amici che ora sono amici per la vita.
 
Ho urlato e saltato per la gioia. Ho amato e sono stato amato, ma sono stato anche respinto. Sono stato amato e non ho ricambiato. Ho vissuto d’amore e fatto promesse di amore eterno. Ho avuto il cuore spezzato tante volte.. Ho pianto ascoltando la musica e guardando vecchie foto. Ho telefonato a qualcuno solo per ascoltare una voce. Mi sono innamorato di un sorriso.
 
A volte ho pensato di morire perché qualcuno mi mancava troppo. Altre volte ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale che ho finito per perdere ma ho vissuto. Ma continuo a vivere ogni giorno. Non mi limito a passare attraverso la vita e non dovresti farlo nemmeno tu. Vivi.
 
La cosa più bella della vita è andare avanti con i propri piani e i propri sogni, abbracciare la vita e vivere con passione, fallire e ancora mantenere la speranza, e vincere mantenendo l’umiltà. Perché il mondo appartiene a chi osa e perché la vita è troppo breve per essere insignificante." - Charlie Chaplin

giovedì 7 novembre 2013

Biennale Save Art 2013 : Conoscere l'arte per difenderla meglio.

Il 29 novembre 2013, a Firenze, è previsto il secondo appuntamento di "Save Art", biennale dedicata agli insegnanti e a tutti gli appassionati di arte.
 
Philippe Daverio e Cristina Acidini insieme ad altri autorevoli esperti discuteranno di Identità italiana e identità europea, sottolineando come il problema della conoscenza e della difesa del patrimonio culturale valica i confini nazionali per diventare un problema sovranazionale. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, rivolgerà un saluto ai partecipanti al convegno.
 
Segnalato da ARTonline

mercoledì 6 novembre 2013

Questo progetto non s'ha da fare.

I carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza hanno sequestrato, nel porto di Gioia Tauro, 11 containers con le parti murarie della chiesa della Madonna del Carmine di Montergiordano, destinate ad un’installazione dell’artista Francesco Vezzoli nel cortile del Moma Ps1 di New York.
 
L’operazione ha avuto origine a seguito di una segnalazione della Soprintendenza per i Beni Culturali di Cosenza e si e’ resa necessaria per evitare che la struttura smontata della chiesa, di interesse storico, artistico e monumentale, partisse verso gli Stati Uniti. I carabinieri hanno, inoltre, sequestrato i resti dell’antica cappella gentilizia e altri 14 conci in muratura gia’ imballati insieme ad altri blocchi murari, sempre riconducibili alla chiesa del Carmine. Il reato ipotizzato e’ tentata esportazione illecita di beni culturali.
 
L’opera rientra nel progetto Trinity, a cui l’artista Vezzoli sta lavorando, oltre che per il Moma Ps1, anche per il Moca di Los Angeles e il Maxxi di Roma.
 
Nei mesi scorsi Vezzoli, considerato che la chiesa si trova su un terreno privato, ha contattato il proprietario ed ha acquistato la struttura attraverso internet. Il progetto dell’artista bresciano, però, non è piaciuto ad alcuni residenti di Montegiordano che, quando la chiesa era già quasi del tutto smantellata e pronta a partire, hanno chiesto l’intervento della Soprintendenza.
 
Vezzoli si era impegnato a ricostruire la chiesa in Calabria, al termine della mostra negli Stati Uniti.

domenica 3 novembre 2013

XVI Festival Internazionale Trieste Poesia - "Rose", poesie di F. Boffoli

Mercoledì 27 novembre, alle ore 18, presso la Feltrinelli di Trieste, nell’ambito delle attività previste per il XVI Festival Internazionale Trieste Poesia, si terrà, a cura dell’Associazione Culturale FAREPOeSIA (Franco Puzzo Editore - collana “I PURI”), la presentazione del libro di poesia e immagine “Rose” del barese Fedele Boffoli, triestino d’adozione, con foto dell’autore e di Mariagrazia Semeraro. 
 
 Un poeta vivente e “contadino dell’arte” (come lui stesso ama definirsi) prescelto, dalla FPE, per la stessa collana “I PURI”, dopo i già pubblicati “giganti” scomparsi Stanislas De Guaita (Rosa mystica e altre poesie) e Fernando Pessoa  (L’ultimo sortilegio e altre poesie). Artisti e poeti presenteranno collegialmente, nella circostanza, le poesie di Boffoli: Adriano Doronzo (organizzatore del Festival Internazionale Trieste Poesia e direttore di collana); Gabriella Valera (introduzione); Isabella Geronti (moderatrice), Maria Grazia Stepan (letture poetiche). Presenti in sala anche le fotografie gigantografiche (di Boffoli e Semeraro) abbinate alle liriche del libro. Riportiamo, tratte dall’introduzione alla raccolta, alcune significative righe dell’autore: “[…] Nel presente contesto letterario e d’immagine (illustrato dalle fotografie di Mariagrazia Semeraro e del sottoscritto), al di là dei risvolti puramente emotivi e sensuali/passionali, si evocano gli aspetti ermetici e numerologici (appunto da nume) alla base del mondo…
 
Nell’Unità della Rosa quindi: l’Uno (simbolo della manifestazione cosmica integrale), il Due (il campo di polarità necessarie alla vita ed in essa contenute), il Tre (la capacità creativa attraverso l’unione di “contrari”/reciproci), il Quattro (generazione e ricreazione nella manifestazione polare), il Cinque (mediazione degli opposti e quintessenza) che ci ricorda, non a caso, quella bella rosa rossa al centro di una croce (cuore ermetico all’incontro degli assi) raffigurata nel simbolo della Rosacroce… ordine ermetico e soteriologico non certo poco noto. ”.( http://www.triestepoesia.org/).
 

info@fedeleboffoli.it
www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm
http://anforah.altervista.org/
Bari/Trieste - tel. 338/2246495

venerdì 1 novembre 2013

Reflections a AMY D Arte Spazio di Milano

In occasione dell’Autunno Americano del Comune di Milano, è nata la partnership tra ART1307 e AMY D Arte Spazio, una vera e propria affinità elettiva che unisce due tra le più innovative realtà nel panorama dell’arte contemporanea. Ecco perché ART1307 di Cynthia Penna Simonelli, associazione culturale attiva a Napoli e Los Angeles, ha scelto la galleria milanese AMY D Arte Spazio di Anna d’Ambrosio, che dal 2009 porta avanti la piattaforma progettuale econom_Art, per la nuova mostra REFLECTIONS, all’interno della quale tre artisti si confrontano sul tema della luce e dello spazio.
 
REFLECTIONS, organizzata da ART1307, nasce dall’idea di Cynthia Penna di lavorare con artisti in grado di tradurre in opera d’arte le sfumature di significato della luce californiana in termini di sensazione, sentimento ed emozione. Dai moderni mosaici di Lisa Bartleson (Seattle, 1968), opere che si caricano “delle infinite sfumature che la luce offre allo sguardo determinando milioni di sfumature di colore”, ai delicati lavori in vetro di Max Coppeta (Bellona, 1980), artista che “si focalizza sulle interferenze che la luce può generare ed ottenere dal vetro che è la materia principe delle sue opere”, fino alle superfici riflettenti di Amedeo Sanzone (Napoli, 1968), sperimentazioni “di una nuova visione dell’opera d’arte in cui lo spettatore partecipa, ma non nel senso ‘cinetico’ del termine attraverso un suo movimento esercitato innanzi all’opera d’arte, ma in senso del tutto ‘passivo’ di un mero posizionamento di se stesso innanzi all’opera”. (Cynthia Penna Simonelli, Luminescenze)
 
I tre artisti, differenti per sensibilità, origine e formazione culturale, sono accomunati nel progetto da una ricerca spirituale e interiore sulla luce, realizzando opere rigorose e minimaliste, con presenze geometriche, trasparenze e contrasti di luci/ ombre, sfumature e inclusioni materiche che sorprendentemente emergono da uno sfondo monocromo. Opere in grado di coinvolgere lo spettatore e la sua sensorialità, di stimolarne le facoltà percettive, aprendo spazi e dimensioni inediti.
 
“REFLECTIONS è il tema della mostra iconoclastica, meditativa in cui il protagonista non sono gli artisti, bensì il concetto di spazio assoluto, di vuoto come luogo mentale: un campo visivo del silenzio che raccoglie opere diverse, unite da un’inspiegabile tensione filosofica, con l’obiettivo di esplorare le espressività della luce, le profondità dello spazio e l’architetture del colore, con opere inserite nell’ambito della ricerca di percezione visiva sensoriale”.  (Jacqueline Ceresoli, Silenziose meditazioni sugli stadi della visione)

Testo critico “Luminescenze” di Cynthia Penna Simonelli
Bartleson Coppeta Sanzone
Una nuova versione della percezione sensoriale e visiva creata da giovani artisti che tra Italia e Stati Uniti si confrontano sul tema della luce e dello spazio.

Lisa Bartleson lavora nel solco della tradizione californiana del movimento “Light and Space” che ha avuto ampio e definitivo riconoscimento nel 2011/2012 attraverso la grande kermesse organizzata dal Getty Museum e coinvolgente ben 80 Istituzioni pubbliche e private sparse su tutto il territorio della California.

 Il movimento si focalizza e prende origine sia dalla speciale luce esistente in quell’area e determinata dalla presenza del vasto oceano Pacifico, sia dalla contemporanea presenza dei deserti situati nell’immediato territorio retrostante. Questa combinazione particolarissima ha ispirato intere generazioni di artisti dagli anni ’40 dello scorso secolo ad oggi e si focalizza specificamente su quanto l’occhio umano può vedere di naturale nello spazio circostante, (per cui tale movimento è anche parte della Land art) e quanto l’occhio umano percepisce relativamente alla luce esistente sul territorio nonché alla rifrazione di essa sulle superfici.

Lisa Bartleson sperimenta la luce e lo spazio in opere composte da una sorta di nuova tecnica del mosaico; un moderno mosaico fatto di centinaia di pezzetti di Mylar, una sostanza plastica che nasce negli USA intorno agli anni ’50 del secolo scorso, assemblati in sovrapposizione l’uno all’altro e in avanzamento di colore quasi a formare una sorta di griglia o di squame come quelle che compongono la pelle dei pesci.

Bartleson non può fare a meno della luce e del colore, delle infinite sfumature che la luce offre allo sguardo determinando milioni di sfumature di colore. Dal mosaico romano fatto di pezzetti di mattone, attraverso la tecnica dell’assemblage, fino al nuovo mosaico moderno che sembra venir fuori dai pixel dei computer ingigantiti e attaccati sul supporto. Infine la superficie di questo nuovo mosaico e l’intera opera viene “affogata”, sommersa nella resina trasparente che la rende totalmente lucida e riflettente. Ancora una ulteriore sperimentazione attraverso la quale lo spettatore percepisce non solo il senso di profondità interno alla struttura del quadro, dato dal colore in sé così come composto sulla superficie della tavola, ma riceve altresì una “rifrazione” della luce derivante dalla superficie totalmente lucida dell’opera. Quindi possiamo dire che le opere della Bartleson contengono e si offrono alla visione attraverso una luce “interna” derivante dalle sfumature di colore e dalla composizione in sé, ma anche attraverso una luce “esterna” che è data dalla rifrazione della luce sulla superficie.

Un esperimento cinetico/visuale di stampo tipicamente californiano e legato alla tradizione del movimento “Light and Space”, ma che si connette incredibilmente e forse inconsapevolmente alla tradizione dell’arte musiva italiana.

La versione Italiana dello studio sulla luce e sullo spazio è fornita in declinazioni totalmente diverse dai due artisti Italiani presenti in mostra: Max Coppeta e Amedeo Sanzone.
Max Coppeta si focalizza sulle intereferenze che la luce può generare ed ottenere dal vetro che è la materia principe delle sue opere.

Una sovrapposizione (anche qui) di “fogli” di vetro sui quali è stata immersa e affogata una goccia di resina. La goccia è lasciata cadere non certo a caso, ma pilotata in maniera perfetta in modo tale che ogni goccia posizionata sulla superficie di un singolo foglio di vetro, corrisponda al centro della goccia più grande o più piccola posizionata al centro di un altro foglio di vetro . L’accumulazione delle lastre di vetro da origine ad una massa scultorea in sé, mentre la visione si concentra acuendosi, stringendosi e allargandosi verso o dal centro dell’opera composta dalle gocce di resina. L’elemento assolutamente catalizzatore della visione è la goccia in sé, ma la particolarità dell’opera risiede nel fatto che lo spettatore riesce ad inquadrare se stesso e a vedere la propria immagine riflessa nelle gocce di resina e riprodotta, attraverso i fogli di vetro, verso uno spazio infinito e indeterminato.
Anche qui come nelle opere di Bartleson la visione è interna alla stessa opera, ma riflette tutto il contesto circostante inglobandolo nell’opera stessa in modo da farlo diventare parte di essa.

E su questo tema ancor più accentuato è il risultato dell’opera di Sanzone che lavora con plexiglass o Lexan due superfici totalmente riflettenti che rimandano quindi immediatamente indietro cioè verso lo spettatore (in un bounce back) l’immagine di questi riflessa sulla superficie dell’opera. L’intento è quello di determinare una visione doppia dello spettatore e del contesto circostante che viene così inglobato nell’opera e diviene parte integrante della stessa.

Trattasi di sperimentazione di una nuova visione dell’opera d’arte in cui lo spettatore partecipa, ma non nel senso “cinetico” del termine attraverso un suo movimento esercitato innanzi all’opera d’arte, ma in senso del tutto “passivo” di proprio mero posizionamento innanzi all’opera.

Non è una superficie specchiante in sé, ma agisce come una superficie specchiante; ciò che interessa i tre artisti è il riflesso che la superficie determina sulla visione dello spettatore : in tutti e tre gli artisti la ricerca si concentra su quanta distorsione della visione si possa avere, sulla percezione dell’opera in sé come elemento visivo da osservare, nonché sulla riflessione della luce e su quanto viene riflesso dalla superficie dell’opera e rimandato indietro allo spettatore.

Una visione del quadro in sé di volta in volta composto o da accumulazione di pezzetti di Mylar, o da gocce di resina sovrapposte su lastre di vetro, o da Svarowsky o altri elementi di acciaio inseriti sulla superficie di Lexan ; questa è la prima ed immediata tipologia di percezione visiva dell’opera, ma questa ne esplica una ulteriore che è determinata dalla visione riflessa dello spettatore stesso e del contesto circostante NEL quadro. Quindi una sperimentazione su un doppio binario visivo che accomuna i tre artisti di origini e background culturali così diversi.

La consapevolezza di sé determinata dall’inglobamento dello spettatore nell’opera fornisce una nuova consapevolezza del proprio stato come soggetto/oggetto non solo della visione, ma dell’essere, dell’esistere in sé.

Nel riconoscimento dell’ombra riflessa nell’opera come la propria ombra, lo spettatore è indotto a porsi domande sulla propria esistenza come soggetto/oggetto di un tutto. A chiedersi: sono dentro l’opera e quindi sono virtuale e non reale, oggetto di un manufatto artistico pur sempre artificioso e artificiale creato da altri ? ma nel contempo, essendo soggetto reale, adopero l’opera d’arte come espressione della mia fisicità e quindi creo io stesso l’opera?

Una grande sfida quella dei tre artisti, un challenge che senza timore hanno ingaggiato con le loro controparti naturali come nel passato è già accaduto altrove, perché l’arte è pur sempre una sfida , una lotta personale tra l’artista e colui che lo guarda!!!
 
Testo critico “Reflections: silenziose meditazioni sugli stadi della visione” di Jacqueline Ceresoli
Reflections è il tema della mostra iconoclastica, meditativa in cui il protagonista non sono gli artisti, bensì il concetto di spazio assoluto, di vuoto come luogo mentale: un campo visivo del silenzio che raccoglie opere diverse, unite da un’inspiegabile tensione filosofica, con l’obiettivo di esplorare le espressività della luce, le profondità dello spazio e l’architetture del colore, con opere inserite nell’ambito della ricerca di percezione visiva sensoriale. Gli autori di questa esposizione d’indagine ottico-spazialista, in cui la luce diventa un solido e definisce volumi tridimensionali sono Lisa Bartleson , artista americana, concettuale, esponente del movimento californiano “Light and Sapace ”, ufficialmente riconosciuto nel 2011/12 in seguito a una serie di numerosi eventi organizzati dal Getty Museum distribuiti sul territorio californiano, e gli italiani Max Coppeta e Amedeo Sanzone, ricercatori di nuovi plasticismi dai codici astratto- geometrici, rigorosi concettuali possibilisti che sfruttano le proprietà dei materiali differenti e materializzano in forme solide i concetti metafisci. Diversi per età, luogo di nascita, formazione, cultura ed esperienze, questi tre autori condividono una ricerca spiritualista, con opere pure, minimaliste, dalle forme geometriche risolte in visioni luminose di tensione scultorea, originali per la sperimentazione di materiali innovativi, con l’obiettivo di coinvolgere lo spettatore in giochi di riflessioni, attraverso trasparenze, ombre, luminosità misteriose che invitano a pensare lo spazio in relazione al tempo, trasformando la luce e il colore in una possibile materializzazione dell’assoluto, dell’infinito in una complessa forma che svela trame metanarrative polisensioriali.
Osservando le opere messe a confronto per la prima volta in Italia, nella galleria milanese AMY D Arte_Spazio di Anna d’Ambrosio ( psichiatra -lacaniana, impegnata nelle risorse umane e in progetti artistici nell’ambito internazionale), vi sentirete in nessun luogo, fluttuerete come argonauti dentro a spazi immaginari, a visioni concrete intorno al concetto dell’infinito, come navigatori dell’invisibile, in cui il tempo e lo spazio sembrano essersi annullati. Qui, opera dopo opera, in bilico tra la riflessione sullo spazio vuoto come parte del tutto e sul silenzio che rompe la barriere del suono, in cui rallenta il pensiero di un domani ancora ignoto, lo spettatore viene proiettato in una dimensione oltre il limite della visione. La domanda è: ma quale spazio percepiamo nella nostra epoca digitale in cui virtuale e organico sono inevitabilmente complici?
Le opere esposte compongono una macro installazione che traccia uno spazio invisibile e immaginario, dove la luce diventa immagine e il colore architettura, iconizzando pensieri, riflessioni sulle ipotesi di un futuro, carico di attese, di citazioni e di forme archetipo della conoscenza e della misurazione dell’universo.
Lisa Bartleson ( 1968), si riconosce per opere composte con una tecnica nuova del mosaico realizzate con centinaia di tasselli di Myler, una sostanza plastica made in USA inventata intorno al 1950, che assemblati insieme e sovrapposti l’uno sull’altro, creano accumulazioni, contrappunti plastici, volumi tattili, simili alle squame della pelle dei pesci, puntando sull’alterazione ottico- cinetica. Bartleson è biologa, predilige un approccio scientifico alle possibilità di espressione dell’emotività, procede per accumulazioni, ripetitività del gesto e ricerca visualizzazioni di luminosità sprigionate dall’interno dell’opera, dall’energia misteriosa, basate sulla luce, sul colore e su pigmenti che interagiscono con la percezione dello spettatore. Nelle sue opere l’unità di misura è lo sguardo dello spettatore invitato a percepire soluzioni formali luminescenti che sembrano muoversi, scaturite dalla sperimentazione di una diversa fenomenologia di materiali e tecniche innovative per scandagliare le possibili ontologie. Ragione scientifica e liberazione emotiva si fondono in una superficie pittorica, prevalentemente sfere, simile all’ iride di un occhio, al mondo, oppure a una galassia dal moto circolare, centrifugo, trasformando la luce in un solido, riflettendo sulla realtà dell’apparato piuttosto che sull’apparizione.
 Max Coppeta (1980), scenografo multimediale, artista pluripremiato attivo nell’ambito delle arti visive new-media, pioniere di innovazioni tecnologiche applicate a diversi ambiti di ricerca, qui si presenta con ipnotiche Schegge sintetiche: gocce di resina, simili a lacrime incastonate in “fogli” di vetro come diamanti preziosi: qui la disposizione non è casuale, ma è il risultato di una composizione matematica. Ogni goccia è posizionata sulla superficie della lastra di vetro e corrisponde al centro della goccia più grande o più piccola posizionata al centro dell’altra lastra di vetro. L’accumulazione di vetro e le resine definiscono forme curve e convesse, creando un volume scultoreo dal fascino irresistibile, che emana un’ energia ipnotica dall’interno, paradossalmente emotiva e razionale insieme. Osservandole viene il desiderio di rompere lascatola di vetro per liberare l’emotività della “lacrima” congelata: sembrano bolle di ossigeno dentro un liquido amniotico che contiene il mistero della vita. Per Coppeta, autore di particelle di trasparenza solidificata: “ Tutta l’arte è scultura perché contiene in sé la terza dimensione , quella poetica”.
La sua materia liquida materializza intrinseche riflessioni metafisiche sullo spazio assoluto, sulle intensità luminose scomposte in micro-particelle visibili solo con il microscopio o con una lente d’ingrandimento, in cui più che il colore sono le trasparenze, le ombre, i vuoti d’aria ad invitare lo spettatore a guardare oltre la superficie dell’opera che piacerebbe a Lucio Fontana. Anche l’opera Long Drop II, composta da 30 lastre di vetro molato in successione per circa 2.80 metri sembra ibernare il flusso del tempo, che altera la percezione dello spazio e attiva una relazione “fatale” con lo spettatore. Amedeo Sanzone (1968), pittore, figlio d’arte, laureato in filosofia conduce una ricerca spiritualista, indagando le potenzialità espressive dei materiali oltre il visibile ed una programmatica oggettività. L’autore sperimenta materiali industriali come il plexiglass o Lexan , superfici riflettenti in cui lo spettatore si “specchia” e viene fagocitato dall’opera stessa, creando una sorta di distorsione della visione, d’effetto volutamente straniante. Sanzone predilige forme geometriche, pure, trasparenti che incarnano l’archetipo formale e superfici dalle proprietà specchianti che permettono allo spettatore di penetralo attraverso illusioni ottiche, che entusiasmerebbero Getulio Alviani, protagonista dell’Arte cinetica e programmata . Anche in questo caso, come nelle opere degli altri autori, il materiale non è soltanto un mezzo, bensì diviene il soggetto che struttura architetture visive, materializzando forme possibili di spazio. Queste opere apparentemente semplici, ma in realtà complesse dal punto di vista tecnico esecutivo, sono indirizzate al coinvolgimento dello spettatore.
Spirito e materia sono il soggetto della loro ricerca permeata di una spiritualità soggiacente con opere tese verso obiettivi percettivi innovativi in cui la luminosità diviene scultura e colore emozioni, innescando nello spettatore una riflessione sullo stato della visione a partire dalle leggi della percezione , della psicologia e anche della filosofia della forma: razionale ed empatica al tempo stesso.
Lacan scrive “Io sono nell’immagine”, e in questa esposizione questa riflessione è una materia visiva.
 
Reflections AMY D
Milano - dal 7 al 23 novembre 2013
Via Lovanio 6 (20124)
+39 02654872
info@amyd.it
www.amyd.it